Alba: un effetto figura-sfondo [Abbecedario del gusto]

Alba: un effetto figura-sfondo [Abbecedario del gusto] CorriereAl 2di Pietro Mercogliano

 

 

Il cosiddetto “effetto figura-sfondo” è spesso citato fra le illusioni ottiche e comprende tutti quei disegni costruiti in modo tale da non permettere di determinare in maniera univoca quale sia il soggetto dell’immagine e quale ne sia il contesto, sicché si oscilla continuamente fra l’una e l’altra impressione. Si tratta, in verità, di una questione estetica e psicologica assai complessa e investe aspetti profondi delle vicende esperienziali; in un suo scritto, Umberto Eco fa l’esempio di un foro nella pagina di un antico manoscritto: per un lettore il buco è un elemento di contorno della pagina su cui spicca la scrittura, per uno studioso di oggetti antichi e di supporti scrittorî è la scrittura a far da sfondo agli elementi materici della pagina con tutti i suoi fori e le sue caratteristiche. Forse il piú celebre esempio dell’effetto di cui parliamo è il disegno, legato al nome dello studioso Edgard Rubin, di un calice (che ben si lega al tema di questa Rubrica) che è anche l’incontro di due profili umani.

Come ogni struttura che riguardi il campo della nostra esperienza sensibile e descriva le modalità con cui questa opera, l’effetto figura-sfondo può efficacemente essere richiamato per descrivere una serie abbastanza varia di cose diverse. Mi pare possa aver senso parlarne a proposito della D.O.C. piemontese “Alba”.

Mi permetto di citare un’autorevole fonte (Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba: un effetto figura-sfondo [Abbecedario del gusto] CorriereAlAlba, Langhe, Dogliani): «Rappresenta l’ultima espressione delle Denominazioni di Langhe e Roero ed è stata voluta per dare maggior pregio alle zone escluse dal Barolo, dal Barbaresco e dal Roero. In realtà il nome “Alba” è talmente radicato con l’intero territorio che alla fine si è consentito di poter utilizzare tale denominazione a tutta la zona comprendendo ben 44 Comuni.»; sarà chiaro, credo, ciò di cui si sta parlando.

Da un lato, infatti, il territorio della D.O.C. Alba è uno sfondo su cui si stagliano quelli di monumenti enologici di piú eminente nome e livello; ma dall’altro è il territorio di Alba a stagliarsi sui vicini come a sua volta protagonista per lunga tradizione ed alta qualità, pur se naturalmente diverse da quelle strettissimamente intese del Roero o di Barolo e Barbaresco. Ma si vedrà fra pochissimo come i vini di Alba non siano una sorta di versione meno nobile di grandi vini – non lo si dovrebbe neanche dover specificare ma l’equivoco attende sempre al varco ed è bene fronteggiare i problemi sull’insorgere –, ma vini diversi che hanno non solo una personalità ma proprio una filosofia produttiva diversa alla base.

Il Disciplinare, abbastanza recente, è stato istituito nel 2010 e modificato nel 2011 e 2013. Il Nebbiolo è previsto in percentuale fra il settanta e l’ottantacinque e la Barbera fra il quindici e il trenta; l’eventuale cinque per cento rimanente può esser costituito da altri vitigni idonei in Regione, purché a bacca rossa e non aromatici. La zona di produzione è efficacemente descritta da una linea che parte da Alba andando verso Asti lungo la Statale 231 Asti-Alba e ad Alba ritorna da Nord-Est: si tratta effettivamente di due paragrafi solo in apparenza freddamente normativi, in realtà descriventi un itinerario che sarebbe affascinante percorrere passo per passo.

Ad ogni modo, quello che il Disciplinare soprattutto denuncia è l’idea che sta alla base dell’Alba D.O.C.: non si tratta (non lo si sarà ripetuto abbastanza) di un Nebbiolo meno buono di quello di altre zone. Perché qui non si prevede di offrire un Nebbiolo in purezza: è proprio un’altra filosofia. Si parla addirittura di “taglio albese” (o, a seconda, “uvaggio albese”): come quello bordolese si basa soprattutto sui Cabernet e sul Merlot, questo sarebbe il tradizionale blend di vitigni piemontesi atti a dare un vino di personalità inconfondibile. Quando è ben fatto, l’Alba ha struttura e versatilità davvero fuori dal comune.

Alba: un effetto figura-sfondo [Abbecedario del gusto] CorriereAl 1È il Territorio a parlare: il suolo (piú sabbia a sinistra del Tanaro nel Roero e piú argilla a destra del Tanaro nelle Langhe, ma sempre caratterizzato soprattutto dalle sabbie marnose fossilifere), l’esposizione, la tradizione che trova in Alba la sua Capitale; basti pensare alla storica Scuola Enologica di Alba (e a tutti i nomi immensi che vi sono passati), alla bottiglia albeisa (simile alla borgognotta ma di spalla piú pronunciata), alla carne albeisa (razza fassona battuta al coltello marinata nel limone e quindi condita con olio e sale e pepe) che nella stagione del tartufo bianco di Alba si potrà – adeguatamente ricoperta di fragranti scaglie – mettere alla prova nell’abbinamento col nostro vino.