Il ritorno di Pennywise [Il Superstite 327]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

 

Tutti i fan di King sono in fibrillazione. È prevista infatti per settembre l’uscita del film di Andrés Muschietti It, prima opera espressamente pensata e realizzata per il cinema tratta dall’immenso omonimo capolavoro di King, film che segue il miniserial televisivo del 1990. Il trailer è già in circolazione da tempo e promette tanto. Il mostro di Derry vestito da pagliaccio, almeno dal punto di vista estetico, pare notevolmente più orrido del comunque pregevole Tim Curry di allora. E su tanta clownerie qualche considerazione da “superstite” mi sia concessa.

Come ha ben documentato Luigi Boccia nel suo ottimo testo dedicato al mostro di Derry (1), concretizzando sospetti che già da tempo allignavano nella mente dei lettori, esiste un filo diretto tra la genesi di Pennywise e la nefanda attività criminale del serial killer John Wayne Gacy, assassino di bambini (e non solo) nella decade degli anni Settanta.

È il 1978 quando Gacy viene scoperto e fermato, dopo una carriera criminale Il ritorno di Pennywise [Il Superstite 327] CorriereAlal limite del pensabile che comprendeva rapimenti, torture, violenze sessuali e omicidi ai danni di 33 persone, per la maggior parte adolescenti, 27 delle quali seppellite in un tunnel sotto la casa sin dal 1972, anno del suo primo omicidio.
La stampa americana aveva battezzato Gacy come Killer Clown, perché si esibiva regolarmente senza scopo di lucro travestito da Pogo il Clown in diverse manifestazioni di beneficenza o negli ospedali in spettacoli per bambini malati. Una maschera divertente, che in realtà nascondeva un mostro. Com’è logico che sia per l’Archetipo.

King, ovvio, non l’ha mai confessato, ma si può scommettere che tra la cronaca nera riguardante Gacy e l’uomo nero di Derry sia presente una sorta di ispirazione forse non consapevole anche se ci sia permesso di dubitarne. Quel che è certo è che l’ostensione, fenomeno ben noto agli studiosi di immaginario collettivo, colpisce anche, e soprattutto, dopo l’uscita di It, datata 1986.

“Ostensione” è un termine che, nel folclore moderno, è stato proposto per la prima volta nel 1983 dai ricercatori Linda Degh e Andrei Vazsonyi e in estrema sintesi sta a indicare la trasformazione di una leggenda in realtà. E sono dati di fatto segnalati tanto dai quotidiani quanto da riviste come Foaftale News, il giornale della International Society for Contempoary Legend Research, le apparizioni se non scorrerie, molte volte davanti alle scuole, di personaggi non proprio goliardici agghindati da clown che invitavano i ragazzi a seguirli.

È accaduto in Germania e in Inghilterra, ma soprattutto in America specie nel periodo di Halloween. Una miscellanea minima di eventi recenti: in Carolina del sud, nell’agosto del 2016 diversi “pagliacci malefici” hanno tentato di trascinare nei boschi più di un bambino; nello Utah si è assistito a una vera e propria epidemia di “clown picchiatori”; nel 1990 a Palm Beach (Florida) Marlene Warren viene uccisa a sangue freddo dopo avere aperto la porta, da un assassino mai catturato vestito da pagliaccio. Ma più in generale al di là di punte tragiche, si tratta di molestie a aggressioni “soft”, ammesso e non concesso che una distinzione del genere abbia senso.

Tali però da generare negli Stati tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 una vera e propria isteria collettiva, in grado di far nascere persino un account Twitter dedicato agli avvistamenti dei Clown. E, rispetto agli anni passati, molta più gente dimostra di voler indossare l’abbigliamento di Pennywise, forse complici le anticipazioni sul film di Muschietti.

Le più recenti evoluzioni dell’Archetipo sono però a dir poco sorprendenti in quanto coinvolgono il flagello planetario dell’ISIS e mi costringono a una imbarazzante autocitazione (che, dato il contesto, non si può non omettere). Ecco quanto scrive Francesco Borgonovo nel suo Tagliagole – Jihad Corporation (2), lucida e serrata analisi sul cosiddetto “Califfato”:

«… Quella dello stato islamico è, a tutti gli effetti, una strategia dell’angoscia. Il cui massimo rappresentante è lo spauracchio, l’uomo nero per eccellenza, ovvero Jihadi John. Non è un caso che la miglior definizione di questo individuo maligno la fornisca, inconsapevolmente, Danilo Arona, in un saggio dedicato al cinema di Stephen King (3)… Egli spiega che, nel suo potere corrompente e dilagante, incoercibile e divorante, l’Orco Jihadi John è un essere che dà corpo ai terrori dell’Occidente, una “testa mascherata” come tante ne appaiono nei romanzi di Stephen King, che ha la funzione cannibalistica di “voler mangiarsi il mondo”. La maschera – spiega Arona – diventa incredibilmente più importante del personaggio che la indossa… è la maschera che ci conduce al tema del travestitismo e dell’inganno, a dirci, che dietro ogni apparenza, esiste sempre un adulto impostore, il cui volto è sempre quello: l’altro assoluto, il maestro delle menzogne, pronto a uscire dagli sgabuzzini e dalle cantine e a mostrare l’antico volto del babau e della larva (nel senso originario di “maschera”), oppure di quell’altra ambigua figura destinata a comparire nel testo chiave dell’horror moderno: il clown dalla faccia bianca, gli occhi infuocati e le labbra rosse e sensuali. Pennywise, It, il mostro totale. Ecco cosa è Jihadi John, ecco cosa sono gli uomini del Califfato e del nuovo Jihad: mostri totali. E la natura del mostro è duplice: attrattiva e repulsiva al tempo stesso.»

Potrei complimentarmi, scherzandoci, con me stesso per questa proto-analisi – peraltro inconsapevole come sottolineato da Borgonovo -, ma intanto l’Orco, come il mondo ha appreso nel novembre del 2015, è stato smembrato alla lettera, centrato da un missile americano Hellfire a Raqqa in Siria. Al di là della nostra passiva impossibilità di verificare l’attendibilità delle notizie, la morale risuona adamantina: così come i Perdenti di Derry hanno ucciso Pennywise (anche se – il primo a insegnarlo è proprio King – il mostro non muore mai…), l’Occidente ha giustiziato l’uomo nero Jihadi John, sentenziando che al di qua e al di là del Reale il diavolo non è poi così perfetto.

Purtroppo, ben lo sappiamo, il diavolo è dentro di noi. Sempre. Sin dai primi vagiti della nostra esistenza. Con evidenza possiamo distruggerne tutte le maschere. Ma l’Archetipo preesiste per definizione. Allora il cerchio si chiude. E non c’è scampo da It. Chi ha gestito tutta tutta la campagna mediatica, così “hollywoodiana”, archetipica a tal punto da invadere gli incubi dell’Occidente al pari di una creatura di fantasia quale Freddy Krueger, ben lo sa. E a uno scrittore (che già solo per questo potrebbe definirsi persona perturbata…) potrebbe scappare la battuta che i presunti lupi solitari e sanguinari dell’ISIS si siano ispirati per gli ultimi attentati a Mr. Mercedes, il romanzo di King dove uno psicopatico inizia le danze buttandosi con la sua Mercedes grigia su una fila di persone che attendono davanti alla Fiera del Lavoro sperando di trovare un impiego.

 
(1) Luigi Boccia, Chi è Pennywise? – Stephen King e l’uomo nero nella società americana, Weirdbook, 2016.

(2) Francesco Borgonovo, Tagliagole – Jihad Corporation, Bompiani, Milano, 2015.

(3) Danilo Arona, Vien di notte l’uomo nero – Il cinema di Stephen King, Edizioni Falsopiano, Alessandria, 1997.