Alonso come Clark? [Lettera 32]

Alonso come Clark? [Lettera 32] CorriereAl   di Beppe Giuliano

 

 

Dunque Fernando Alonso non correrà il Gran Premio di Monaco e tenterà di vincere, per il marchio McLaren, la 500 miglia di Indianapolis che dagli anni Settanta, quando venne spostata alla domenica del Memorial Day, si corre lo stesso giorno di Monte Carlo.

Due delle tre più prestigiose corse automobilistiche in contemporanea, e la scelta originale di Alonso, probabilmente ancora il miglior pilota del mondo, è di certo affascinante.

Sull’ovale dell’Indiana si corre dal 1911. Dopo alcuni successi di piloti europei, tra cui nel 1915 Ralph De Palma, che era nato Raffaele in Puglia e emigrato con la famiglia a cercare fortuna negli States, tuttora unico vincitore italiano, la grande corsa restò il regno indiscusso dei piloti americani fino agli anni sessanta.

A cambiare le cose fu il geniale Colin Chapman, il costruttore delle Lotus, che portò Alonso come Clark? [Lettera 32] CorriereAl 1le sue vetturette a motore posteriore leggere e pericolosissime a competere contro le pesanti automobili che dominavano, tirate dagli ingombranti motori anteriori Offenhauser.
“Non mi sognerei di guidare una di quelle porcherie per tutto l’oro del mondo” disse sprezzante A.J. Foyt, uno dei più migliori driver, quando sullo Speedway apparvero le funny-cars, come vennero subito ribattezzate (naturalmente nel giro di pochi anni farà il contrario).

Proprio Foyt vinse l’edizione del 1964 guidando un roadster costruito da Watson, di cui si diceva che se “avesse attaccato dei bussolotti sui fianchi della macchina, nel giro di venti minuti” tutti avrebbero fatto altrettanto. Secondo arrivò guidando un altro roadster Parnelli Jones, il vincitore del ’63 che sinceramente commentò: “era come cavalcare un cavallo morto.”

Già l’anno prima Jim Clark con la Lotus l’avrebbe battuto, se il suo patron J.C. Agajanian, un armeno che indossava sempre cappelli bianchi Stetson da cowboy a tesa molto larga, non avesse convinto il direttore di corsa a non squalificare il suo pilota che stava pericolosamente perdendo olio, perché altrimenti avrebbe consegnato il trofeo a una delle odiate macchinette britanniche.

Parnelli Jones era nato da una famiglia povera emigrata in California. La povertà l’aveva conosciuta benissimo anche un altro che esordì in quegli anni stupendo per il suo talento. Nato a Trieste poche ore prima del gemello Aldo nel ’40, Mario Andretti fu portato dai genitori in America per sfuggire alla guerra e crebbe in un campo profughi, dividendo una baracca con molte altre famiglie di sfollati (lui vincerà nel ’69, e resta uno dei pochi ad avere vinto Indy e il mondiale di Formula 1).

Alonso come Clark? [Lettera 32] CorriereAl 2Lo scozzese Jim Clark, ancora adesso considerato nelle isole britanniche il più grande pilota di tutti i tempi, infine vincerà per Chapman al terzo tentativo, nel 1965, e l’anno dopo toccherà a un inglese, “baffo” Graham Hill, tuttora l’unico ad avere vinto Indy, Monaco e Le Mans, un’impresa che Alonso sogna di eguagliare.
Le piccole, veloci, macchine a motore posteriore avevano rivoluzionato le corse sugli ovali. Scomparvero le piste in terra e cenere che i roadster potevano affrontare, le funny-cars no.

Proprio Parnelli Jones fu protagonista di una memorabile gara nel ’67, dominando con una Lotus alimentata da una turbina, fermato dal guasto di un componente meccanico dal prezzo di 6 dollari a pochi metri dalla linea del traguardo, che tuttora conserva la pavimentazione in mattoni che contraddistingueva l’ovale nel passato. A quella edizione doveva partecipare anche il nostro Lorenzo Bandini, che invece si era ucciso poche settimane prima proprio a Monte Carlo.

La McLaren non vince la 500 miglia dai primi anni Settanta, dal successo nel 1972 di Mark Donohue, uno dei pochi piloti statunitensi a cimentarsi anche in Formula 1, e infatti si uccise nelle prove libere di un Gran Premio d’Austria, e da quelli nel ’74 e ’76 di Johnny Rutherford.

Dal 1967 era ripreso il dominio dei piloti americani, che si è interrotto solo nel nuovoAlonso come Clark? [Lettera 32] CorriereAl 3 secolo, anche se due driver a stelle-e-strisce hanno bevuto il tradizionale latte che aspetta al traguardo il vincitore (un’altra delle tradizioni esclusive della corsa) nelle ultime tre edizioni, Hunter-Reay nel 2014 e Alexander Rossi, debuttante abbastanza fortunato, dodici mesi fa.

Emerson Fittipaldi, due volte, e Jacques Villenueve si sono aggiunti a Clark, Hill e Andretti nell’elenco dei campioni del mondo capaci di vincere anche sullo Speedway.
Tanti altri ci hanno provato con meno fortuna, dal nostro Alberto Ascari negli anni Cinquanta, a Brabham e Jackie Stewart, a Piquet che là ebbe un incidente molto grave, a Nigel Mansell, solo terzo nel ’93 per un errore dovuto alla scarsa esperienza di corse sugli ovali…

Fernando, che guiderà per McLaren con motore Honda proprio per il team di Andretti, a quale elenco si aggiungerà?

Alonso come Clark? [Lettera 32] CorriereAl 4Sinceramente spero a quello dei vincitori, anche perché lo spagnolo, che avrebbe meritato maggiore fortuna specialmente negli anni in cui la Ferrari è sembrata più che altro un ostacolo nel suo inseguimento al titolo di campione del mondo, resta uno dei pochissimi dotati di personalità e carattere in un’epoca in cui i piloti di Formula 1 sono perlopiù ragazzini che sembrano proseguire nelle loro vetture il gioco della playstation.