Chi tace è complice [Il Superstite 323]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

«Papa Francesco, sono Pietro Orlandi e dopo tanti anni sono ancora qui a chiedere la Verità sul rapimento di mia sorella Emanuela, cittadina vaticana, avvenuto il 22 giugno 1983. Una ragazzina innocente di 15 anni alla quale è stato impedito di scegliere della propria vita, negandole, ancora oggi, ogni forma di Giustizia, dimenticandosi che la vita di ogni essere umano è sacra e non può essere considerata un pezzo di carta sul quale apporre il timbro “archiviata”.

Una vicenda che nel corso degli anni è stata caratterizzata da depistaggi, insabbiamenti, omertà e soprattutto mancanza di collaborazione da parte della Santa Sede.
Lei disse: “Chi tace è complice”. È vero. In Vaticano c’è chi sa e da tanti anni tace, diventando complice di quanti hanno avuto responsabilità in questa vicenda.
A tal riguardo, in Vaticano, ci sono carte secretate, a conoscenza di alcune autorità della Santa Sede, che contengono passi importanti di questa disumana vicenda e che potrebbero permetterci di riabbracciare Emanuela o darle una degna sepoltura.

Il dossier “Rapporto Emanuela Orlandi” a disposizione, nel 2012, della Segreteria Particolare di Papa Benedetto XVI, contenente informazioni e nomi che potevano condurci alla Verità, stava per essere consegnato a un magistrato italiano, ma in Vaticano vennero meno alla parola data e il fascicolo rimase occultato.

Dopo 33 anni mi chiedo perché si continua a negare ad una famiglia la Chi tace è complice [Il Superstite 323] CorriereAl 1possibilità di dare Luce e Pace alla propria figlia, alla propria sorella. Abbiamo il diritto di conoscere la Verità contenuta in quei documenti e se sulla scomparsa di Emanuela fu posto il Segreto Pontificio, La prego di sciogliere i sigilli a tale imposizione che osteggia il raggiungimento della Verità e della Giustizia. Non possono esistere segreti in uno Stato che si erge a centro della Cristianità perché è contrario alle parole e agli insegnamenti di Gesù:
”Non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato e di segreto che non debba essere manifestato”. Papa Francesco. Lei ha indicato agli uomini la via giusta “Costruire ponti e non alzare muri invalicabili” ed io lo stesso chiedo a Lei, per Emanuela.

La Verità, la Giustizia non possono essere un’utopia, un sogno irraggiungibile ma i principi fondamentali, per ogni Stato che si reputa civile. Principi fondamentali che in questa vicenda sono stati vergognosamente calpestati per oltre 33 anni.

Chi tace è complice [Il Superstite 323] CorriereAlLa mia è una voce tenace, priva di rassegnazione, che mi guiderà, in questa vita ed oltre, a cercare Verità e Giustizia, affinché questo grido appartenga a tutte le vittime innocenti e alle persone private della Libertà. Non ci lasceremo mai rubare la speranza.

Pietro Orlandi, 28 marzo 2017».
Ho firmato e sottoscritto assieme ad altre migliaia di persone quest’accorata lettera di Pietro Orlandi, uomo che merita rispetto e, soprattutto, attenzione da parte di quell’Italia che ancora non vuole cedere all’avanzante dogma del farsi gli affari propri nel proprio orticello ben riparato dal male del mondo. Premesso che il male, per come siamo messi oggi, prima o poi riesce a schizzarti qualcosa addosso, io personalmente non accetto questo atteggiamento di “papale” indifferenza da parte della carica più alta della Santa Sede.

L’Italia è una nazione che sta boccheggiando in una palude di guano, non solo metaforico, che sta facendo carne di porco di ogni minimo valore di convivenza civile. Siamo circondati da una cronaca nera, letteralmente impazzita, e purtroppo quotidiana dove il livello di violenza e sopraffazione alza l’asticella a ogni ora che passa. Mi si risponderà che non se la passano meglio in altre nazioni, ma bisognerà pure smetterla di guardare cosa capita in casa altrui per procurarci una scheletrica consolazione.

Quel che sconcerta e l’indifferenza generalizzata che accompagna certi eventi. È come se fosse normale che si ammazza una donna per motivazioni che neppure reggerebbero nel mondo animale o l’andare in discoteca con la propria ragazza per finire massacrato da una ventina di coraggiosi. La nostra è una società regredita allo stadio ferino. Una nazione in cui si è spappolato negli anni il concetto di opinione pubblica, mostruoso paradosso nell’epoca dei social. Una crisi che viene da lontano, che ha iniziato a generarsi nei decenni delle mai risolte stragi – sulle quali vige ancora un segreto di stato che il penultimo Presidente del Consiglio aveva dichiarato di voler togliere (aprile 2014, ma forse era un pesce) – , generando un mostruoso impasto tra mafie, poteri forti, gruppi di sciroccati eversivi, bande criminali e politica. Un pantano in cui sguazziamo da quasi mezzo secolo, magari non felici ma certo disinteressati fino a quando le faccende non ci riguardano sul vivo.

È qui dentro, lo avrete sentito dire mille volte, che bisogna cercare la spiegazione dell’enigma di Emanuela Orlandi. Perché non è possibile che all’ombra del Vaticano, a un tiro da respiro da Mafia Capitale, si continui a perpetrare il rito dell’omertà sulla sorte di una ragazzina, forse più di una, divorata da putridi meccanismi che niente dovrebbero spartire con quel messaggio di pace e amore che il Papa distribuisce ogni domenica a folle tanto festose quanto indifferenti agli altrui destini.

In tutto questo non c’è una morale da ricavare. Solo un auspicio: che Pietro Orlandi non sia lasciato solo in quest’azione in cui si sta rivolgendo con forza non offensiva all’attuale vicario di Cristo con argomentazioni che il tipo con la barba che sta lassù non lascerebbe, lui, per primo cadere. Quegli italiani cui accennavo prima, quelli che non sanno che farsene dell’esclusivo orticello, non dovrebbero mancare quest’appuntamento con la dignità.

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