1 come il Primo [Numero di pagina]

print

1 come il Primo [Numero di pagina] CorriereAl 2 di Pietro Mercogliano

 
«Arma virumque cano, Troiæ qui primus ab oris | Italiam fato profugus Laviniaque venit | litora»: “L’armi canto e l’ valor del grand’eroe | che pria da Troia, per destino, ai liti | d’Italia e di Lavinio errando venne”. Con queste parole si apre il testo dell’“Eneide” di Virgilio.

Publio Virgilio Marone, poeta e filosofo, è certamente uno degli autori di maggior influenza sulla Cultura latina e sul Mondo (almeno) Occidentale in genere. Ciò non è dovuto esclusivamente a motivazioni intrinseche, legate al valore – naturalmente altissimo – delle sue opere: ma molto anzi deriva dalla particolare sorte che la Storia ha riservato a lui stesso e ai suoi scritti. Vissuto nel Primo secolo avanti Cristo, ha attraversato (in parte con danno e in parte con beneficio) gli anni turbolenti del cesaricidio e delle guerre civili e dello stabilizzarsi del potere del principato di Ottaviano Augusto; il suo rapporto con costui e con la sua Corte, cosí come anche alcuni aspetti della sua stessa persona, hanno iniziato quasi da subito a venir rivestiti di leggendario: tutto il Medioevo, per esempio, ha conosciuto il mito di Virgilio mago e preveggente.

Allo stesso modo, sulle sue opere sono nate storie piú o meno fantasiose: tanto che del corposo canone che viene tramandato come virgiliano non è facile stabilire quali siano gli scritti davvero ascrivibili al Virgilio storico e che cosa sia invece solo il risultato del forte potere attrattivo che una personalità storica tanto imponente può aver avuto nei confronti di titoli anonimi.

Di sicura attribuzione virgiliana sono tre opere: le “Bucoliche” (silloge pastorale di 1 come il Primo [Numero di pagina] CorriereAldieci Egloghe), le “Georgiche” (poemetto campestre in quattro Canti), l’“Eneide” (poema epico in dodici Libri).

Anche sull’“Eneide” – naturalmente – ha iniziato da subito a girare un pittoresco aneddoto, ma questo appare storicamente fondato: alla morte di Virgilio mancava di dare al Poema l’ultima revisione, tanto che il Poeta aveva lasciato disposizione di dare l’intera opera alle fiamme; è stato proprio l’imperatore Ottaviano a prendersi la responsabilità di pubblicare invece il testo, esattamente nelle condizioni in cui l’Autore l’aveva lasciato.

In effetti, l’Imperatore aveva pieno diritto su quella che oggi diremmo la “proprietà intellettuale” di Virgilio: era il committente dell’opera, il cui programma letterario è in gran parte incentrato proprio sulla nobilitazione e sull’esaltazione della stirpe di Cesare Ottaviano. Per tornare ai versi citati in apertura: Enea, protagonista dell’opera, è colui ‘che per primo giunse in Italia’.

1 come il Primo [Numero di pagina] CorriereAl 1Dopo la distruzione della sua città effettuata ad opera degli Achei con l’inganno ideato da Odisseo, l’eroe troiano Enea abbandona col padre Anchise e col figlioletto Ascanio la piana dove sorgeva la città ormai preda delle fiamme e della razzia. Inizia cosí un lungo viaggio per mare, ricalcato sapientemente proprio su quello di Odisseo, che occupa la prima metà del Poema: il fatto che il viaggio con cui gli esuli si allontanino dalla loro Patria somigli tanto a quello con cui Odisseo torna alla propria è un’intuizione di raffinatissima sapienza, dal momento che suggerisce (e le parole ‘per destino venne’ – sempre nei versi citati – proprio questo significano) che la vera Patria per Enea e suo figlio non sia tanto quella da cui si stanno allontanando quanto quella verso cui il Fato li sta sospingendo; la seconda metà del Poema è invece fortemente ispirata, nelle tematiche ed in alcune linee narrative, all’“Iliade”: e cosí il recupero dei Poemi Omerici è completo e simmetrico, secondo un progetto letterario e ideologico abbastanza trasparente.
Enea è il primo ad aver portato in Italia la Grecia Arcaica: il Popolo romano (e il suo capo in modo particolare) non è un gruppo di pastori bravi a dar battaglia che solo ultimamente ha iniziato a copiare le altezze culturali altrui, ma è anzi l’antichissimo e nobile germogliare di una Cultura parallela a quella greca (e dunque degna di starle a confronto nel bene e nel male) come sarebbe stata quella troiana.
Ciò che insomma interessava ad Ottaviano e a Virgilio, e che costituisce il centro d’equilibrio del Poema, era l’annosa questione dell’origine.

Questa rimane forse il piú alto lascito di Virgilio ai tempi futuri, bello da ritrovare 1 come il Primo [Numero di pagina] CorriereAl 3anche nella cultura di grandi cicli e arcaica saggezza che permea il mondo agreste di “Bucoliche” e “Georgiche”: l’inesausta ricerca del primo generante, dell’origine, di un’individualità irresolvibile se non nella catena che la precede; lo scandaglio inesauribile che sprofonda risalendoli nei computi delle Stagioni del Mondo all’inseguimento di una definizione di sé; il rifiuto di terminare puntuali in un momento del Tempo, senza almeno raccontarsi della caccia di ciò che precedendo conferisce significazione.