Alle spalle del cielo (e della nostra storia) [Il Superstite]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

 

Angelo (Marenzana) è uno spirito antico. La sua scrittura, sempre più elegante e asciutta, si lancia sulle tracce stilistiche di Izzo e Luigi Bernardi per accompagnarci dentro un noir che, com’è tradizione, nulla è come sembra.

Ma cosi è anche perché siamo, ancora una volta, ad Alessandria: indomita fedeltà al credo locale di un pugno di scrittori che nel genius loci (la nebbia) reale e/o metaforico sanno celebrare, ognuno a suo modo, l’essenza dei generi. Li troverete, vecchi leoni e nuove leve, proprio oggi pomeriggio alla Biblioteca Civica dalle 17 in poi, per la seconda edizione di Ciò che la nebbia nasconde, festival della letteratura gialla (e oltre) nostrana che racchiude in sé tante spruzzate di grigio. Un grigio di piombo che vuole soffocare i protagonisti di Alle spalle del cielo, titolo elegante e misterioso, un’indagine sui generis con altrettanti e adeguati personaggi su un evento criminale e supplemento di rapina e cadavere a pochi metri dal fiume Tanaro.

Siamo nel 1944, dentro un respiro temporale scandito in quattro lunghi Il primo giorno di pace [Il Superstite 314] CorriereAl 2e travolgenti paragrafi, nella provincia che più piemontese non si può, l’Alessandria turbata dai presagi dell’imminente rovina del fascismo, dai doppiogiochismi e da una tragedia incombente che si respira in ogni dove in procinto di arrivare dal cielo nella domenica dell’Ascensione (il 30 aprile). Dicevamo: personaggi sui generis. Come poterci fidare infatti delle categorie? C’è un venditore di tessuti che indaga (okay, è stato poliziotto ma investiga meglio di Sherlock Holmes), una medium che non è tale, carnefici e vittime dallo status sempre meno definibile man mano si procede nella lettura, industriali corrotti e poliziotti pavidi. Ma l’intrigo, per quanto ben costruito e ineccepibile focus del libro di Marenzana, è la superficie di accesso a un mondo ctonio di straordinario fascino: l’inconscio collettivo alessandrino. Ovvero, come nella migliore tradizione (anche se la definizione di noir va proprio stretta a questo libro), il genere nasconde altro.

uomo-temporaliSe L’uomo dei temporali ci svelava le dinamiche consapevoli e sotterranee dell’inizio della guerra (1940), Alle spalle del cielo ci fa scivolare con premeditata e diabolica cadenza dentro il collo di un imbuto e farci rovinare nei meandri di una cittadina soffocata dalla nebbia e dai danni, ideologici e reali, provocati dalla collisione fatale di coscienze e di cervelli, nefasto effetto della piovra del fascismo. Mentre Lorenzo Maida conduce la sua investigazione non ufficiale, mutuando tecniche rudi oltre i confini del lecito dal suo passato poliziottesco (e di killer su commissione), si delinea con chirurgica precisione – quasi una fotografia color ocra in diretta dal passato – l’obiettivo primario di Marenzana: raccontarci una città, Alessandria (e con lei decine di altre città), dall’anima dilaniata dalla guerra solo all’apparenza lontana, dall’angoscia e da un futuro indecifrabile. Il linguaggio diventa così presagio dell’attesa, i pensieri bombardano, le parole sono schegge del passato, in un crescendo emotivo che mi ha personalmente riportato alla mente il sublime Giorno della locusta di Nathanael West, laddove la catastrofe finale è la catarsi universale oltre la quale, forse, poter ripartire.

Angelo ha scritto un libro magnifico, che va oltre gli stilemi del genere. Marenzana 2Un’opera importante in grado di appagare, per meccanismi e logiche, i cultori della detection, e soprattutto gli psicanalisti mancati come me che cercano l’anima delle parole a ogni riga. Qui l’anima abbonda, dietro dialoghi stringenti degni del miglior Chandler e squarci di un’Alessandria – non più fisica come ne L’uomo dei temporali, ma cellulare – che val la pena di riportare minimamente:
«… la nebbia saliva dal basso, creando l’effetto da girone infernale, e la città aveva assunto una dimensione impalpabile. Prigioniera, oltre la barriera dei due fiumi, il Tanaro e la Bormida, che delimitavano quel mondo come fossati a difesa dell’invasore. Un mondo dove il silenzio regna perché i rumori non hanno la forza di propagarsi e cadono a terra sconfitti…»

E più in là:
«… però in giro, tra la gente, non si respirava aria di panico. L’attesa ingannava la paura nascondendosi dietro un’affilata lama di ironia. Una risorsa pungente. Quella che spesso aveva salvato gli alessandrini nei momenti bui della storia…»

E ancora:
«… con il suo passato di poliziotto, (Maida) aveva capito che l’apparenza in provincia inganna come un velo di polvere sotto la quale cova il germoglio della verità. E ad Alessandria la polvere si chiamava nebbia…»

Flash straordinari sull’essenza di una città che forse può essere preservata solo attraverso la (buona) letteratura che la pratica, dato che la distruzione della memoria è stata per anni la scellerata attività di presunti cultori del novum palazzinaro. Ai quali abbiniamo, non solo per strappare un sorriso di complicità ma perché il constatarlo diventa funzionale alla disamina sull’archetipo alessandrino, la profonda conoscenza dei vizi e delle virtù del femminino locale: le donne che si succedono nelle pagine (giovani, anziane, calde amanti o false medium) sono ben riconoscibili come carne nostra, frammenti di quelle “oscure madri splendenti” con cui abbiamo diviso – fino a quando almeno l’identità di Alessandria è rimasta un unicum – vita, emozioni e progetti.

Un formidabile flash, l’ultimo che cito, a imprigionarne il senso e l’idea:
«… lane autarchiche, tela vaticana e scampoli di cotone per soddisfare le esigenze di eleganza delle belle donne alessandrine che non si negavano un abito di buona fattura nemmeno in un momento di guerra…».

Quando da lì a poco nella domenica dell’Ascensione grappoli di bombe sarebbero caduti sulla nostra città, provocando 239 vittime.
Resistere con un sorriso cinico di sfida alle avversità, uomini e donne alle spalle del cielo: Alessandria.