Vita e morte di Italo Svevo [Quarta di copertina]

Vita e morte di Italo Svevo [Quarta di copertina] CorriereAldi Pietro Mercogliano

 
Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Samigli (italianizzazione di Ettore Schmitz, che a sua volta deriva dal nome Aron Hector Schmitz con cui era nato), aveva chiaramente un’ossessione per i nomi. Il che è buono e condivisibile, perché deriva da un lato dalla volontà di adeguare la cosa al nome che porta – forse nella speranza di riuscire a fare il contrario – e dall’altro dalla necessità che questo sia pienamente significativo: si tratta, in definitiva, del desiderio di scollinare la ovvia arbitrarietà dei nomi in cerca di un loro intrinseco significato; cosí i nomi di quasi tutte le donne amate dai protagonisti dei suoi romanzi hanno l’insistita caratteristica d’incominciare per <A>, cosí sul suo nome stesso ha progressivamente lavorato di lima prima di sostituirlo affatto.

E il nuovo nome – Italo Svevo – ha il chiaro scopo di dimostrare l’ancipite origine del Nostro: la cultura italiana della famiglia e quella tedesca degli studî.

Queste due caratteristiche sono fondamentali per comprendere la figura di Italo Svevo come uomo e come scrittore: l’ossessione per il significato del nome e la condizione di uomo di confine.

Sempre visse sui confini: non abitò mai del tutto nemmeno la terra degli scrittori,Vita e morte di Italo Svevo [Quarta di copertina] CorriereAl 1 dovendo per gran parte della sua carriera mantenere anche l’occupazione (tutt’altro che amata) da impiegato e a volte addirittura stampare a proprie spese le sue opere; traslocò da una religione all’altra per motivi di matrimonio; tentò sempre in vario modo di far la spola senza troppo soffrire fra la Cultura centroeuropea e quella nostrana. Anche dal punto di vista letterario, è difficile situarlo se non sul crinale fra un Verismo filtrato dalla lente decadentista e una scrittura introspettiva piú schiettamente da Novecento europeo. In quest’ultima ottica, all’incontro con la Psicanalisi avrà forse contribuito ancora quell’attenzione alla sovrasignificazione profonda della singola parola di cui dicevamo prima.

Vita e morte di Italo Svevo [Quarta di copertina] CorriereAl 2Tutti e tre i romanzi di Italo Svevo (un quarto era proprio in cantiere quando l’Autore fu stroncato dalle complicazioni di un incidente stradale) hanno per protagonista un “Inetto”: figura d’uomo che non ha un suo luogo definito e che è vinto dalla sua stessa incapacità ad accettare i meccanismi della Società. Un esempio su tutti sia il fatto che il protagonista di “Senilità” non sia affatto immortalato nella sua senilità, ma anzi nel pieno dell’età virile: ciò che tinge di senilità il romanzo è un certo atteggiamento di passività spossata e astiosa che tipicamente caratterizza alcuni anziani. Sono libri che suscitano un’esperienza curiosa di lettura e l’impressione di esser scritti da un dilettante (per quanto di elevatissimo livello): e questo è dovuto certo a quanto si diceva sopra della particolare condizione dell’Italo Svevo scrittore ma anche alla sua formazione a cavallo delle Alpi che spesso si esplicita in alcune forzature di stile.

Pressoché ignorato per quasi tutta la sua vita, nell’ultimissima fase ricevette congrua attenzione e poi in epoca postuma le glorie della fama: tutto in gran parte grazie all’interesse di Joyce e di Montale per la sua opera; tanto da essere ora quasi di regola imposto agli studenti di Liceo come una delle letture irrinunciabili.
Ma, nonostante il principio di ascesa avuto già prima dell’incidente fatale, probabilmente non sarebbe mai divenuto lo scrittore di moda.

L’incipiente Regime fascista gli avrebbe comunque preferito Grazia Deledda (che proprio due anni prima della morte di Italo Svevo vinceva il Premio Nobel per la Letteratura «per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano») e Gabriele D’Annunzio; e questo non solo per motivi d’intrinseco valore letterario – lo stesso Luigi Pirandello, al di sopra di ogni possibile illazione estetica e anzi vicino al Regime per ragioni filosofiche e non solo, non ebbe mai il pieno appoggio del Fascismo –: si tratta soprattutto di una questione di tematiche, e del fatto che Italo Svevo sia stato forse il piú totale e totalizzante cantore e narratore della disfatta.