“Amazon? Vi racconto cos’è davvero!”. Un alessandrino in trasferta a Piacenza: “Da noi sempre sordi e ciechi di fronte alle opportunità”

amazon-piacenzaMa davvero chi lavora in Amazon deve correre per 8 ore filate a tempo di rock, con il timer che misura ogni suo movimento, e senza neanche potersi permettere di fare la pipì? E’ vero che tanti sono lavoratori ‘somministrati’, ovvero assunti tramite agenzie interinali, e che non si possono neppure ammalare, pena la perdita immediata del lavoro?

Si moltiplicano, soprattutto on line, le inchieste e i reportage sull’enorme struttura alla periferia di Piacenza, a Castel San Giovanni, dove a pieno regime lavorano circa 3 mila persone, fra dipendenti diretti e lavoratori ‘interinali’. Fra questi ultimi, anche circa 300 alessandrini che, da un mese a questa parte, affrontano un viaggio non brevissimo (circa 90 chilometri) per lavorare in questa sorta di fabbrica ‘4.0’ ammantata di fascino, dicerie, misteri. Sono come i 300 delle Termopili, questi nostri concittadini? E chi sono, come vengono selezionati, e cosa pensano davvero del lavoro che stanno svolgendo?

Uno di loro, Alessandro Gavazza, ha accettato di raccontarci la sua esperienza lavorativa, che per molti versi appare anche ‘paradigmatica’ della generazione dei ‘millennials’: i trentenni di oggi, recentemente oggetto di polemiche politiche e non, dopo le non felici esternazioni del ministro del Lavoro Poletti.

“Ho letto anch’io diverse delle inchieste giornalistiche italiane su Amazon, e hanno rafforzato in me l’idea davvero modesta che ho dei media italiani, naturalmente con qualche eccezione: gente abituata a raccontare per sentito dire, e che probabilmente si documenta poco e male. C’è un bel libro reportage su Amazon, di un giornalista inglese anche critico, ma con intelligenza, e documentato: se vuole glielo presto”.

Volentieri. Ma intanto ecco la chiacchierata a tutto tondo con Alessandro: un alessandrino che ad Amazon, nella sede di Castel San Giovanni, nell’ultimo mese ci ha lavorato davvero, e che racconta la sua esperienza: senza paraocchi ideologici, con pragmatismo, e anche notevole entusiasmo. E questa Amazon, che già rappresenta l’Eldorado per molti di noi come consumatori, ne viene fuori tutt’altro che come il ‘babau’, anche da un punto di vista di impresa, di qualità del lavoro e di rispetto dei diritti dei lavoratori.

 

amazon-da-fuoriAlessandro, lavoratore Amazon non ‘reticente’: già questo è uno scoop…
Ma quando mai: non mi risulta assolutamente che siano stati imposti veti o silenzi da parte dell’azienda da questo punto di vista. Piuttosto mi chiedevo e chiedo perché i media alessandrini fino ad oggi hanno praticamente ignorato un fenomeno che coinvolge così pesantemente la nostra provincia. Ci si rende conto o no che, grazie ad Amazon, ci sono oggi 300 disoccupati in meno anche ad Alessandria? Direi di no, dal momento che come sempre siamo stati sordi e ciechi, e il prossimo hub piemontese sarà realizzato a Vercelli, e naturalmente non nell’alessandrino…

Andiamo con ordine Alessandro: lei ad Amazon come ci è arrivato?
Tramite agenzia interinale, come tutti gli altri alessandrini credo: sono un lavoratore ‘somministrato’: ma anche qui forse giova un po’ di chiarezza.

Prego….
Si può discutere sul fatto che sia corretto o meno che esista il lavoro interinale, maamazon-pullman-spinetta esiste perché così hanno deciso politica e sindacati, tutti insieme. Personalmente posso testimoniare che, tramite agenzie, ho lavorato nell’ultimo anno in diverse realtà e comparti, e Amazon è assolutamente il top di gamma: diritti completamente rispettati, stesso stipendio netto dei dipendenti a tempo indeterminato, con possibilità anche di fare straordinari. Abbiamo persino la navetta gratuita (o meglio pagata dall’agenzia) che ci porta avanti e indietro, dal cimitero di Spinetta all’hub di Castel San Giovanni.

Eppure le critiche abbondano, comincia ad esserci una discreta letteratura giornalistica sull’argomento…
Leggo tutto, ma mi chiedo quanti dei suoi colleghi siano davvero non solo entrati nella struttura (per chi fosse interessato, vengono organizzate periodicamente visite guidate, ndr), e comunque abbiano parlato davvero con chi ci lavora. Ovviamente, in una realtà in cui lavorano migliaia di persone, e con un elevato turn over, non dubito che ci sia anche qualcuno che non si trova bene. Ma forse questo dipende anche dalle aspettative delle persone: è comunque un lavoro, paragonabile a una catena di montaggio. Però le assicuro che rispetto alla fabbrica tradizionale (che personalmente ho sperimentato) non esiste davvero partita: Amazon vince 4 a 0 su tutta la linea.

 

amazon-magazzinoAccidenti: ci dica qualcosa in più, sia pur senza violare protocolli aziendali..
Il clima, fin da quando arrivi e vieni ‘addestrato’ per un paio di giorni, ossia ti spiegano lavoro e mansioni, è quello del campus universitario: tantissimi ventenni e trentenni (anche se non mancano colleghi anche cinquantenni), grande entusiasmo e forte motivazione. Certo esistono regole precise: ad esempio hai un tuo armadietto, dentro cui lasci tutti gli effetti personali ad inizio turno, per ritirarli alla fine: dal cellulare all’orologio. Ma ci sta, è così in tutte le aziende in cui in teoria potresti uscire con materiale non tuo. All’interno sembra di essere in un’enorme libreria, con scaffali pieni di merci. Ognuno ha compiti precisi: ci sono i ragazzi addetti al recupero dei prodotti dagli scaffali, appunto: vengono riempiti grandi scatoloni gialli, che poi finiscono sul nastro trasportato e arrivano agli addetti all’impacchettamento. Io svolgo quest’ultima attività.

E qui Alessandro girano altre voci su cui giova chiederle conferma: timer che misura le performances di ognuno, con voce in auricolare che ti dice ‘sei in ritardo di tot minuti’, impossibilità persino di andare a fare la pipì…
Ah ah…..(ride divertito). Sì, certo, ci manca il sorvegliante con la frusta in mano e poi il film è perfetto. Guardi, io non sono mai stato così autonomo e indipendente in quel che faccio: è chiaro che tutto è codificato, e quindi chi ha quel ruolo può verificare costantemente la produttività di ognuno: ma questo succede ovunque, sei lì per produrre, non per rilassarti o giocare. I bagni sono pulitissimi, confermo: ma ci puoi andare quando vuoi, e ci mancherebbe che non fosse così. Chiaro che non puoi passare due ore in bagno, imboscato. Ma se ci sono realtà in cui questo succede, sono quelle probabilmente che non funzionano, non Amazon…

E la musica che vi dà il ritmo? Una speculazione giornalistica anche amazon-apre-le-portequella?
La musica c’è, ma io, come credo la gran parte dei colleghi, la vivo come un elemento piacevole, non il contrario. Non è ne assordante, ne ispirata a chissà quale logica di produttività: credo la scelgano semplicemente, dalle webradio, le ragazze che sono di turno in quel momento. Ah, già che ci siamo: nel turno di 8 ore (per noi alessandrini dalle 6 alle 14, o dalle 14,30 alle 22,30) è compresa mezz’ora di pausa pagata, con accoglienti salottini muniti di tv e internet. Acqua e bevande calde sono gratuite, e per chi vuole ad inizio o fine turno c’è un’ottima mensa a costi davvero ridotti. Tutti benefit che, le assicuro, sono tutt’altro che scontati in altre realtà lavorative, anche alessandrine.

 

Un ambiente di lavoro confortevole insomma: ma il lavoro resta precario. Molti contratti sono legati ai ‘picchi’ delle festività, durano 15 giorni…
Questo è un tema grande, e interessante: che però riguarda tutta la nostra società, non certo solo Amazon. Più che a me dovrebbe chiedere ai nostri politici e sindacalisti: non è il loro mestiere, e non sono loro che hanno costruito, o almeno approvato, questo modello di produzione?

Ma lei aspira ad una ‘stabilizzazione’ in Amazon, o nella vita vorrebbe fare altro?
Io sono laureando al Dams (lo precisi per favore, laureando, non laureato. Non vorrei fare una figuraccia, come fossi un ministro qualsiasi), e il mio mestiere sarebbe, anzi è, quello di documentarista e fotografo free-lance. Ma sa quanto me quale sia la realtà di certe professioni, nell’alessandrino e non solo. Quindi da un anno a questa parte sono lavoratore interinale, e dallo scorso 30 novembre in Amazon. Sto valutando opportunità, ma qui mi trovo francamente bene, e non mi spiacerebbe se ci fossero prospettive interessanti: naturalmente però gli alessandrini, sempre sordi e ciechi di fronte alle nuove opportunità, han pensato bene di perdere anche questo treno, per cui Amazon realizzerà il suo prossimo hub piemontese a Vercelli, e non da noi: quindi, Piacenza o Vercelli che sia, noi alessandrini continueremo a fare i pendolari. Al posto delle aziende alessandrine però terrei in seria considerazione il personale che qui viene selezionato e formato: le assicuro che il livello di serietà e professionalità fra i miei colleghi è davvero molto alto.

cuscino-telecomandoUn’ultima curiosità Alessandro: qual è l’articolo più strano che ha impacchettato finora?
Ah, sicuramente il cuscinone con telecomando tv incorporato: una chiccheria, che per Natale è andata tantissimo. E poi, oltre naturalmente alla tecnologia di consumo e ai giocattoli, è il trionfo dell’eros, ossia di tutti, ma proprio tutti, gli oggetti e gli strumenti utilizzati da ognuno nel proprio privato. Uno non si immagina neanche che mercato fiorente. Ovviamente con tutta la riservatezza del caso: noi che impacchettiamo non vediamo assolutamente nomi e indirizzi, ma solo dei codici a barre.

Ettore Grassano

Alcune delle foto sono di Alessandro Gavazza