Melissa e le sue sorelle [Il Superstite 303]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 
Un sunto del mio intervento al Terzo Convegno sul Pensiero Magico tenutosi a Torino il 12 novembre scorso. Ho eliminato dal pezzo tutti i riferimenti già noti della storia di Melissa lasciando in luce soltanto alcune ipotesi forse inedite.

Il titolo del mio intervento sembrerebbe esprimere un’evidente tautologia. Di solito è un fatto di cronaca che, magari per sue caratteristiche particolari tipo il presentarsi come un’irrisolta catena di eventi sospesi, rischia di trasformarsi in “fantasma della mente”, personale e/o collettivo. Invece propongo una possibile sequenza al contrario, inserendo quest’ipotesi di elaborazione – per me ben più di un’ipotesi – nella vasta congerie dei contemporanei processi di comunicazione nella quale non pochi si agganciano in taluni casi al cosiddetto “pensiero magico”.

Concedetemi, prima di raccontare per sommi capi la storia di Melissa, di spiegare chi è “costei” per me e per il mio lavoro. Si tratta, beneficiando della benevole concessione di un esperto amico che si chiama Lucius Etruscus, di un Meme personale, ricordando che il termine deriva dalla Memetica ipotizzata a metà degli anni ’70 dal divulgatore scientifico britannico Richard Dawkins, approfondita in tempi più recenti da Richard Brodie. Perno centrale del discorso è il notorio “meme” (dalla parola Mimesis, che significa “imitazione”), un replicante mentale che ha la facoltà di propagarsi da un cervello all’altro e di sopravvivere come idea, produzione culturale o altro anche dopo la morte dell’individuo ospite. Dawkins in The Selfish Gene sostiene che il Meme, come il gene, è composto da stringhe di simboli e che riesce a sopravvivere propagandosi per contagio attraverso le psicotecnologie (il linguaggio, la scrittura, i libri, la radio, la TV, Internet, i CD-ROM, la musica, il teatro, il cinema, etc.) da una mente all’altra.

Il Meme, per potersi replicare con efficacia, dev’essere semplice e comprensibile, plausibile, e soprattutto trasmesso fedelmente nonché riprodotto da medium duraturi e veloci.

Come ha sottolineato Francesco Ianneo in Meme, genetica e virologia di idee, ghosthighwaycredenze e mode (Castelvecchi), è molto importante che il Meme sia ridondante, come un mantra che si ripete costantemente. Per questo “i Memi che risultano affascinanti per gli istinti delle persone sono quelli che più facilmente si replicano e si trasmettono attraverso la popolazione” (Richard Brodie, Virus della mente, Ecomind). Questa è una legge che conoscono bene i designer virus, coloro cioè che definiscono e progettano a tavolino i virus della mente con cui intendono programmarci e condizionare le nostre scelte, tanto quelle commerciali che quelle politiche: i primi aspetti da loro individuati sono proprio quelle situazioni che cliccano ai pulsanti della rabbia, della paura, della fame e della lussuria, componenti dinamiche in grado di attirare la nostra preziosa attenzione.

Qui mi fermo per non scantonare per tornare a Melissa e al sottoscritto per spiegare in che modo la Memetica è parte preponderante in questa premessa. La storia di Melissa, che nella forma e nella sostanza è la spettacolarizzazione in chiave magica di un contagio, ha trasferito in me il suo implicito virus, trasformandomi da allora – per l’esattezza, dai primi mesi del millennio – in uno scrittore “memetico”. In tanti così mi hanno definito e trovo la definizione del tutto pertinente. Anzi, perfetta. Perché i Memi sono nell’aria, girano e contagiano, replicandosi, soprattutto gli scrittori. Molti lo negano, rivendicando la patente dell’originalità ispirativa. Io lo rivendico con forza. E veniamo alla storia. Che è apparsa in rete nel gennaio dell’anno 2000 in un sito dedicato dal nome http://www.melissa1999/, in cui si raccontava di una sfortunata e anonima ragazza investita in autostrada, al km 98 della Bologna- Padova alle 5, 20 del mattino in data 29 dicembre 1999. C’erano molte caratteristiche di efficacia memetica nella vicenda per come veniva presentata: il mistero di una giovane creatura che barcollava dalle parti dell’uscita per Padova in quello strano orario; la verosimile genuinità delle diverse testimonianze riportate; l’enigmatico “nome di battesimo” con il quale si era voluto dare alla ragazza, impossibile capire da parte di chi, una sorta di nickname identificativo; infine – il dato più interessante in questo contesto – la bizzarra componente, all’apparenza “parapsicologica”, che aveva fatto sì che l’immagine della ragazza fosse stata percepita da altri tre testimoni su altre autostrade nell’identico stesso dell’investimento. Per la cronaca, non mi posi neppure per un momento l’ipotesi che quella storia non fosse vera, quanto meno l’incidente.

Ma, al di là della presunta autenticità della vicenda (aspetto sul quale mi dilungherò tra poco), ci troveremmo quindi di fronte a un incidente primario (l’ultimo descritto) e altri tre episodi – che si potrebbero liquidare come “allucinazioni” o “visioni” se non fosse che fanno riferimento a un evento concreto accaduto nello stesso momento e che potrebbero definirsi, appunto, come “proiezioni mentali” prodotte dalla stessa vittima nel momento dell’impatto fatale. Questa è almeno l’interpretazione del blogger “Francesco” che si limitava a scrivere un po’ genericamente: «Melissa è forse solo uno dei tanti casi di proiezione mentale. Un caso di morte violenta manifestata con la menomazione di entrambi gli arti inferiori. A volte, in seguito a traumi del genere, si può verificare un’alterazione della percezione e delle nostre capacità extrasensoriali; forse in questo caso, l’impatto con la macchina può aver provocato nella mente della ragazza una proiezione – involontaria – della propria immagine a 100 km di distanza».

Al proposito le teorie potrebbero sprecarsi. Da un lato, il traumatico distacco dal corpo potrebbe liberare una certa sensibilità paranormale, dall’altro si potrebbe ipotizzare una forzata e moltiplicata bilocazione. Forse più convincente potrebbe risultare l’inserimento del caso di Melissa in un fenomeno di confine che si chiama “ideoplastia” che, con modalità diverse, accomuna stimmate e dermografie, ma anche l’influsso che un trauma sofferto da una donna gestante può avere sul feto; nonché le cosiddette “forme-pensiero”, create intenzionalmente o inconsapevolmente da soggetti in grado di estrinsecare certe loro energie psichiche. La circostanza eccezionale del caso – l’impatto subitaneo immediata morte violenta – potrebbe aver fatto sì che lo psichismo della vittima abbia proiettato all’interno di uno strano triangolo geografico più forme-pensiero (di cui solo tre visualizzate) con l’immagine della propria forma corporea, abbigliamento compreso. In almeno un caso, quello sulla A1, l’apparizione aveva i caratteri tipici dell’impalpabilità, quello di un corpo parasomatico, ma senza vera sostanza vivente.

Sin qui i fatti, letti e scaricati dal sito che peraltro in seguito è stato chiuso. Stanti le mie ricerche (anche sul campo), non si è mai trovato alcun riscontro oggettivo dell’avvenuto incidente ed è evidente che l’unica fonte di tali notizie sia proprio e solo il sito in questione. Allora, la prima, provvisoria, constatazione è che il tutto sia un’affascinante leggenda metropolitana, forse costruita ad arte dal misterioso Francesco (di cui non si è saputo più nulla, nonostante reiterati appelli da parte mia a farsi vivo…) e, come tale, degna di essere sfruttata al meglio in chiave di fiction, per più di un libro. Il dato, antropologicamente “pesante” e che rende onore al titolo del mio intervento, è che qualcuno da allora “vede” Melissa — con quel look preciso, jeans e giubbotto rosso — sempre di notte e non sempre in autostrada. E, come mi ha scritto più d’uno da Padova, c’è chi porta fiori all’altezza di quel presunto investimento. Quindi un fantasma della mente, un virus che racconta di un contagio visivo, sembrerebbe in grado di diventare un fantasma “replicato”, restituendo così dignità di fatto di cronaca a quell’incidente primario, forse inventato. Perché se paradossalmente i fantasmi della strada per “esistere” hanno bisogno di un incidente autentico, in questo e altri casi speculari ci troviamo tra le mani materiali quanto mai complessi, ovvero rapporti e testimonianze di apparizioni fantasmatiche partite non da un incidente, ma da un Meme contagiante e convincente.

Sulla Bologna-Padova, ad esempio, dal 2005 in poi si raccontava tra i camionisti la seguente storia: in un punto dell’autostrada vicino a un’area di servizio, prima del famigerato Km 98, venne investita una donna da un autista di TIR che era scappato senza prestare soccorso. L’automobile della donna si era guastata e lei stava cercando di fermare qualcuno per raggiungere il più vicino casello. La trovarono morta in un fosso vicino al guard-rail. Allora i camionisti che parcheggiavano nottetempo in quell’area di servizio sentivano il camion ballare e, quando uscivano per vedere che succedeva, non avvistavano niente e nessuno. Però uno di loro raccontò di avere visto una donna arrampicata sul finestrino dove c’è il deflettore, con la faccia tutta insanguinata. E gli colse un infarto. Poi, dopo quell’apparizione la videro altri tre e molti ne sentirono parlare. Chi dormiva lì, si svegliava di colpo perché il camion ballava. I camionisti non si fermarono più in quell’area di servizio.