Fantasilandia [Lettera 32]

Giuliano Beppedi Beppe Giuliano

“…e anche lui come loro era preso da questo grande gioco”

 
Io Joe Hart al fantacalcio l’ho preso. Non costa poco, ma credo farà bene. Eppoi vuoi mettere l’aspetto romantico di lui nel Torino, un altro ritorno al futbòl del tempo che fu (una versione in sedicesimo dello scudetto del Leicester, ecco: due indizi fanno una prova?).
Ho tentato di capire il numero dei giocatori di sport di fantasia, a partire dal fantacalcio appunto, in Italia. Non ho trovato un dato preciso anche se credo di non sbagliarmi scrivendo che siamo sopra al milione, tra i vari giochi che nascono dai giornali, dalle tivù, l’online, le leghe della “rosticceria”, quelle che uno si inventa a casa propria.

Facoltà della mente umana di creare immagini, di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no a una realtà (Fantasia in Treccani)
Esercizio pubblico in cui si preparano e si vendono al minuto carni arrostite e altre vivande calde (supplì, crocchette, fritture varie, rustici, calzoni ripieni, pizzette, ecc.), o anche fredde (insalate e maionesi varie, salumi, ecc.), che possono essere portate via dal cliente, oppure anche consumate sul posto. (Rosticceria in Treccani)

…Un giorno un uomo di nome Daniel Okrent riunì alcuni amici e colleghi in uno di Hartquesti esercizi pubblici “in cui si preparano e si vendono al minuto carni arrostite e altre vivande calde” e spiegò loro che avrebbero potuto “rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no a una realtà”…
La storia della nascita delle leghe di sport di fantasia è affascinante. No, Dan Okrent, giornalista statunitense con un vero pallino per il baseball e le sue statistiche non fu il dio creatore originario, ma la nascita della lega che s’era inventato, all’inizio degli anni ottanta, in un locale di New York chiamato ‘La Rotisserie Francaise’, segnò una svolta. Anche grazie al fatto che i giocatori della rosticceria erano (pure) giornalisti e che l’anno dopo, complice un provvidenziale sciopero dei giocatori di baseball, quelli in carne e ossa, il racconto del loro gioco di fantasia iniziò ad andare parecchio sui giornali. Il “grande pubblico” conobbe un gioco, sovente più attraente di quello reale, che genererà un’industria che oggi fattura parecchi miliardi. E si diffuse come un’epidemia un hobby che oggi appassiona, fino alla vera e propria dipendenza, davvero tantissime persone.

…Per tutta la sua vita ebbe un hobby di cui non sapevano niente nemmeno i suoi amici più intimi, o altri della comunità “beat” come Allen Ginsberg o William Burroughs.
Giocava ossessivamente un “fantasy baseball game” di sua invenzione, riportando le statistiche di giocatori inventati come Wino Love, Warby Pepper, Heinie Twiett, Phegus Cody e Zagg Parker, che militavano in squadre immaginarie chiamate come automobili (i Pittsburgh Plymouths o i New York Chevvies, per esempio) o colori (i Boston Grays o i Cincinnati Blacks…).
Ci scriveva anche giornali immaginari, con approfondimenti pure su notizie finanziarie o dispute contrattuali tra le squadre e i giocatori…

Ehi, non sto parlando di un Henry Waugh, qui.
Sto parlando dell’autore di uno dei libri più importanti del ventesimo secolo.
Perché l’inventore, proprietario (e cronista) di una lega di baseball di fantasia (ma da adolescente anche di un circuito di corse di cavalli, con tanto di proprietari immaginari che ingaggiano fantini immaginari che cavalcano cavalli immaginari in ippodromi immaginari) era Jack Kerouac.

Il gioco di HenryQualcuno di voi, leggendo sopra, si è chiesto chi è mai Henry Waugh?
É il protagonista di ‘Il gioco di Henry’ di Robert Coover.
Titolo originale: The Universal Baseball Association, Inc., J. Henry Waugh, Prop.
(Una volta tanto la traduzione di un titolo è più bella, anche se meno accurata, dell’originale)
Henry Waugh, timido ragioniere solitario, vive soprattutto per la sua lega di baseball, che gestisce con una complicata tabella sulla base delle combinazioni regolate dal lancio dei dadi.
La sua vita cambia, drammaticamente, quando un giovane giocatore (immaginario) prima completa una delle prestazioni più rare del baseball lanciando una partita perfetta (immaginaria) poi, per una combinazione dei dadi ancora più rara, viene ucciso da una pallina (una cosa che nelle leghe maggiori del baseball, quello vero, è successa solo una volta nel 1920, per dire).

E la lega di fantasia di Henry diventa un pretesto (letterario) per confrontarsi con LE domande, quelle fondamentali: siamo regolati dal fato o ci guida un creatore? Cerchiamo un dio interventista o ci accomodiamo nel nostro posto a sedere mentre un dio beffardo lancia i dadi che decidono il nostro destino?
Non vi svelo la soluzione che Robert Coover, creatore di Henry Waugh, trova per la sua creatura e per la lega di fantasia che Henry ha creato, perché credo valga la pena di leggere il libro, anche affrontando con pazienza il molto baseball che lo popola, non fosse altro che per arrivare a un geniale capitolo finale, spiazzante proprio come la nostra vita, e come le risposte che molto spesso ci diamo, quando arriviamo appunto a confrontarci con LE domande.

Con i dadi da soli a casa nostra. Tovandoci per il draft, la scelta dei giocatori, con gli amici in rosticceria (la cui versione nostrana, che vedo in questi giorni sulle bacheche di diversi amici, sono comunque sovente tavole assai ben imbandite). Aderendo ai giochi proposti da giornali, tivú, oggi molto più diffusi grazie all’internet.
In tantissimi giochiamo gli sport di fantasia, sovente più attraenti di quelli reali.
Che oggi infatti guardiamo anche in modo diverso: quando Icardi, che non ho preso (non sono così matto da voler negoziare con Wanda Nara, io), tirerà un rigore decisivo al 90′ contro il mio Hart, preferirò la vittoria dell’Inter o quella della mia squadra di fantacalcio?