Giuseppe Guazzone Conte di Passalacqua [Alessandria in Pista]

Remottidi Mauro Remotti.

La vita di Giuseppe Guazzone Conte di Passalacqua è veramente appassionate come un romanzo. Due recenti libri: “El Rey del trigo…alla ricerca delle radici del gelso” di Debora Pessot[1] e “Alessandrini nella Pampa. L’emigrazione dal Piemonte e dalla provincia di Alessandria in Argentina” di Giancarlo Libert[2], dai quali ho attinto interessanti informazioni, ne delineano i tratti salienti. Giuseppe nasce il 17 maggio 1854 a Cascinali Pagella – tra Lobbi e San Giuliano Nuovo – in una modesta famiglia di agricoltori.

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Giuseppe Guazzone

Dopo aver assolto il servizio militare (nel IV Artiglieria Cannonieri di stanza presso la Cittadella di Alessandria), ascolta con crescente attrazione la lettura delle lettere che gli emigranti partiti per il Nuovo Mondo spediscono ai parenti rimasti in Italia: raccontano di opportunità di lavoro e della possibilità di fare fortuna rapidamente. L’anno di svolta sarà il 1875[3]: in quel periodo alcune annate agricole negative determinano in molte zone del nostro Paese, e nella Fraschetta in particolare, condizioni di vera e propria povertà. Così anche Giuseppe Guazzone decide di emigrare in Argentina[4] (con solo 11 lire in tasca).

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Partenze dal porto di Genova

La traversata su un piroscafo dell’epoca, con partenza dal porto di Genova e della durata di circa un mese, risulta tutt’altro che agevole a causa del sovraffollamento e per le precarie condizioni igieniche, soltanto in parte compensate dalla grande umanità dei compagni di viaggio, descritti con maestria da Edmondo De Amicis nel romanzo “Sull’Oceano.” [5]

Guazzone sbarca quindi sulle banchine della Boca a Buenos Aires e trova subito lavoro come garzone in un mulino. Mette da parte qualche soldo e si sposta verso Azul, una graziosa cittadina della Pampa. Qui si trova di fronte a una vastissima estensione di terre selvatiche, laddove nessuno ha mai tentato di coltivare cereali (anzi l’Argentina in quel tempo ne importa dagli Stati confinanti). La sua grande intuizione si rivelerà proprio quella di trasformare la Pampa in un granaio. Pur tra l’indifferenza generale (molti lo consideravano pazzo), le insidie atmosferiche e persino gli  attacchi degli indios, Giuseppe Guazzone, già dopo il primo anno di lavoro, raccoglie la bellezza di trecento quintali di grano e i giornali locali sottolineano l’impresa.

In un secondo tempo, si trasferisce nella vicina località di Olavarría, dove, grazie all’aiuto delle banche, affitta circa 35.000 ettari di terreno che coltiva con l’ausilio di macchine agricole moderne. Il raccolto è talmente abbondante che la manodopera risulta insufficiente, tanto da indurlo a tornare in Piemonte per convincere diversi salariati a seguirlo in Argentina.[6] La sua attività prosegue attraverso l’acquisizione di grandi porzioni di terreno di due grandi tenute: La Habilitadora a Olavarría e La Luisa a Trenque Lauquen, favorendo l’insediamento di coloni, soprattutto italiani e provenienti dall’Alessandrino.[7] Guazzone fornisce terra, macchinari e crediti agli agricoltori, che pagano l’affitto con il frutto dei loro raccolti. Gli indigeni della zona vengono coinvolti nella coltura dei terreni attraverso un virtuoso processo d’integrazione.

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Julio Argentino Roca Paz

Giuseppe Guazzone si preoccupa sia dell’istruzione che della salute dei suoi dipendenti e a  tal fine fa costruire scuole e ospedali.[8] Inoltre, si pone l’obiettivo di migliorare le vie di comunicazione mediante la realizzazione di nuove strade e collegamenti fluviali. A poco a poco diventa il maggior commerciante all’ingrosso di grani del Paese dell’America Latina e accumula una notevole ricchezza. Nel 1890 arriva a raccogliere uno stock di 390.000 quintali di grano su 24.000 ettari (per trasportarlo occorrono 3.500 vagoni) che gli vale l’appellativo di “El Rey del trigo”, ossia “il re del grano”, da parte del generale Julio Argentino Roca Paz[9] (allora ministro dell’Interno).

L’acquisita fama gli offre l’opportunità di ricoprire importanti incarichi nelle Amministrazioni comunali e nelle Banche argentine. Durante il primo conflitto mondiale, dona all’Italia numerosi carichi di cereali e anche per questo motivo il Re Vittorio Emanuele III, nel 1926, gli assegna “motu proprio” il titolo di Conte di Passalacqua.

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Casa di Riposo di Lobbi

Con il trascorrere del tempo la nostalgia per i luoghi d’origine si fa sempre più forte, per cui decide di acquistare la villa della Ghilina a San Giuliano Nuovo, che diventa la sua dimora estiva. Guazzone viene ricordato anche per la sua attività filantropica, testimoniata da diverse opere: la casa di Riposo di Lobbi (costruita nel 1935), oltre agli asili notturni di Alessandria (oggi sede dell’Hospice “il Gelso) e Passalacqua. Il conte Giuseppe Guazzone muore ad Alessandria il 30 agosto del  1935 e il suo corpo riposa in una cappella del cimitero di Lobbi.

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[1] I proventi del libro, edito nel 2014 con il contributo del Lions Club Marengo, vengono devoluti all’Associazione Fulvio Minetti, che opera in stretto raccordo con l’Hospice Il Gelso-Pietro Caramello.

[2] Il volume, pubblicato nel 2015 per i tipi di Aquattro Edizioni – Chivasso, è stato presentato il 9 novembre 2016 presso la Biblioteca Civica “Calvo” di Alessandria.

[3] Il periodo compreso tra il 1873 e il 1895 viene ricordato come quello della “grande depressione”, caratterizzato da una grave crisi agraria e industriale. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che tra le principali cause che hanno portato al tracollo il settore agricolo rientrano le grandi quantità di prodotti, soprattutto cereali, importati dagli USA, grazie  allo sviluppo dei  trasporti, in particolare della navigazione a vapore. Le prospettive di un rilancio dell’economia erano assai scarse e il governo della Destra Storica, impegnato nella ricerca del pareggio del bilancio, si limitava ad applicare la c.d. “politica della lesina” impostata al più stretto risparmio.

[4] Nel volume “Alessandrini nel mondo” – Provincia di Alessandria – Assessorato ai Servizi Sociali – dato alle stampe nel 2010, Roberto Botta compie un’accurata analisi statistica del flusso migratorio che dalla fine dell’Ottocento ha interessato il nostro territorio provinciale. Si pensi che nel periodo compreso tra il 1876 e il 1927 (successivamente il regime fascista scoraggiò l’emigrazione) quasi due milioni di piemontesi lasciarono la loro terra. Tra costoro oltre duecentomila donne e uomini originari dell’Alessandrino.

[5] Edmondo De Amicis (1846 -1908) autore del celeberrimo romanzo Cuore, si è interessato anche al tema dell’emigrazione con il romanzo Sull’Oceano (1889). De Amicis narra della sua traversata Genova-Buenos Aires a bordo del piroscafo Nord America, laddove incontra una variopinta galleria di personaggi, formata soprattutto da emigranti settentrionali, spesso analfabeti e in cerca di fortuna, contraddistinti tuttavia da una forte dignità. Dunque il  libro non è soltanto un reportage di viaggio, ma anche un’attenta osservazione di un rilevante fenomeno sociale.

[6] Questa iniziativa gli procura una denuncia penale da parte dei proprietari della provincia di Alessandria che gli imputano il fatto di aver indotto i loro salariati a emigrare con l’inganno. L’accusa, rilevatasi infondata, non  diede luogo ad alcun procedimento.

[7] Molti compaesani di Guazzone partono in quegli anni per “la Merica”, non conoscendo nemmeno una parola di inglese o di spagnolo, comunicando tra loro unicamente per mezzo del dialetto. A tale proposito, vorrei citare un episodio che mi ha raccontato l’amico Alberto Armano. Suo nonno, Paolo Grassano di Cascinagrossa, partito per l’Argentina negli anni Venti del Novecento, una volta arrivato a Buenos Aires prende il treno per raggiungere un suo conoscente (il Meciù). Dopo due giorni di viaggio arriva in una piccola stazione, si affaccia dal finestrino e chiede: “’ndò cu sta u Meciù?” e prontamente gli viene risposto: “u sta a la stasion dop!” La migrazione non era però soltanto definitiva. Infatti, spesso, si trattava di un’emigrazione temporanea, un particolare e forse unico esempio di emigrazione stagionale transoceanica di contadini-viticoltori non proprietari di terreni che attraversavano annualmente l’Oceano Atlantico. In autunno, al termine della vendemmia e della pigiatura, si imbarcavano per l’Argentina avendo come meta iniziale le Province di Cordoba e Santa Fe per la raccolta dei cereali, per poi spostarsi (nei mesi di dicembre-gennaio) verso la Provincia di Buenos Aires; nel mese di maggio rientravano in Italia con un guadagno di circa 350 lire, pronti ad affrontare una nuova stagione agricola italiana. A novembre ritornavano ciclicamente in Argentina. Per questo motivo venivano chiamati golondrinas (rondini).

[8] L’azione di Guazzone nei confronti dei coloni non fu però scevra di problemi. Nel 1892 alcuni di loro, dopo essere stati allontanati dalle terre, si rivolsero al Tribunale di La Plata poiché sostenevano di non avere potuto pagare l’affitto per colpa dei rovinosi raccolti. Anche i rapporti con i confinanti non erano del tutto pacifici (in un’occasione i suoi coloni diedero fuoco ai campi di francesi confinanti scatenando un aspro conflitto). Il Conte Guazzone era comunque un uomo generoso: un giorno chiamò nella colonia alcuni tecnici per cercare una vena d’acqua potabile. Una volta trovata, fece costruire un abbeveratoio, ma non esitò a farlo disattivare quando si rese conto che alcuni ne abusavano.

[9] Alejo Julio Argentino Roca Paz  (San Miguel de Tucumán, 17 luglio 1847 – Buenos Aires, 19 ottobre 1914) è stato Presidente dell’Argentina per due mandati (dall’ottobre 1880 all’ottobre 1886 e dall’ottobre 1898 all’ottobre 1904).