Le pene #2 [Ars Eloquendi Goliardiae]

1970--pontifexdi Antonio Silvani.

Un’altra pena di moda, in quel di Pavia, consisteva nel mandare una mATRICOLA, ormai fusa per i lavaggi a cui era stato sottoposto il suo misero cervello, nella segreteria dell’università (a quei tempi c’era solo quella) ed a chiedere a voce alta un foglio di clitoride (sopra il quale sarebbe  stato vergato il papiro).

Numerosi erano i malcapitati che agivano in questo modo.

Il bidello Mascheroni
Una simpatica variante a questa pena consisteva nell’inviare la mATRICOLA sempre in segreteria e di chiedere a voce molto alta (visto che era un po’ sordo) del Bidello Mascheroni (all. A2). Sarebbe stato lui a fornire il foglio di carta per il papiro.

Dato che il bidello Mascheroni era l’incazzosissimo Dott. Mascheroni, dirigente capo di tutte le segreterie dell’università, la cazziata che, coram populo, si prendeva la  mATRICOLA era meglio di ogni pena data dai Goliardi.

Il vecchio e bonario professore  (all. a1)
a)-penePorticato interno dell’antico ateneo, una fottutissima matricola (con un lasciapassare che “non vola, non rimbalza per terra e non si arrampica sui muri”) da più di mezz’ora è oggetto di frizzi, lazzi e amari cazzi da parte di alcuni anziani; è chiaro che non ne può più, è praticamente sul punto di piangere.

I Goliardi sembrano impietositi e uno di loro, dal viso più umano gli dice con dolcezza:

– Penso che per oggi basti, se vuoi che ti lasciamo stare anche per il futuro, ti resta una sola cosa da fare: lo vedi quel vecchio signore che passeggia sotto il portico? E’ il Prof. XY, vai da lui e digli che hai scopato sua figlia.

La matricola è terrorizzata, ha riconosciuto l’anziano docente, per altro noto per la sua severità, ma sa con certezza che per lui sarebbe un anno di inferno se non obbedisce all’ordine degli Anziani e quindi gli si avvicina a testa bassa:

– Mi scusi, Professore…
– Dimmi, figliolo.
– Professore… sono stato costretto… non oserei mai  fare quello che Le devo dire…
– Ma parla liberamente, ragazzo mio, non aver paura, mica ti mangio.
– Professore… mi hanno obbligato a dirLe che ho io… sarei andato a letto… con Sua figlia…

Al ché il severo docente, guardandolo con aria sadica:

– Sarebbe nei tuoi diritti, figliolo, dato che da più di venti anni mi scopo tua madre!

Le pene alle donne
b)-pene-alle-donneLe matricole femmine sono sempre state trattate con un grado di riguardo superiore ai maschietti.

Le “torture” a cui erano sottoposte escludevano sempre il lato fisico (tranne che nei collegi femminili ove “tra donne” potevano fare quello che volevano.

Non ci risulta di matricole donne che (senza il loro spontaneo consenso) si siano dovute spogliare, subire lustratio (se non nelle parti sempre visibili) e leonatio o che siano state costrette a compiere plateali gesti o esibizioni sul genere erotico – lussurioso (scoparsi una pianta, una colonna, congiungersi, sia pure vestite, con un qualunque oggetto, esibirsi in danze del ventre e similari); anche l’innocente “carciofo” veniva effettuato solo col consenso della fanciulla coinvolta.

Ma che cos’era il carciofo? (all. b2)

La pena del carciofo poteva essere effettuata solo su fanciulle che indossavano la maxigonna: questo capo veniva tirato su il più possible sopra la testa della vittima e quindi legato tipo sacco. A questo punto la matricola (che così conciata era abbastanza somigliante ad un carciofo) veniva condotta in giro, sottobraccio a due Anziani o da essi tirata tramite una cordicella.

Le matricole alle femminucce erano sempre di tipo verbale, scritto o blandamente gestuale e tendevano più a colpire la sfera psicologica che quella fisica.

Davanti alla Facoltà, nei corridoi dell’Ateneo o nelle vie le pene al gentil sesso si limitavano alla lettura (all. b1) (solitamente dominando la folla stando in piedi su di un  basamento , su una sedia, su di  una panca, ecc.) ad alta voce di alate pagine letterarie (noi eravamo soliti far declamare alati versi tratti da i “Dubbi amorosi” del poeta mistico Pietro Aretino, tipo: “Questi nostri sonetti fatti a cazzi, /  soggetti sol di cazzi, culi e potte,e che son fatti a culi, a cazzi, a potte, /  s’assomigliano a voi, visi di cazzi”).

Altre volte le fanciulle dovevano urlare a squarciagola frasi del tipo “Viva il cazzo!”, “Fatemi scopare!”.

Era pure simpatico quando le fanciulle dovevano vendere agli angoli delle vie, esponendo la mercanzia su di una tavola appesa al loro collo (tipo gli attuali, spiacevoli e noiosi vu cumprà), falli artificiali, preservativi (spesso ripieni di orzata e quindi apparentemente usati), vaselina e simili, magnificando ad alta voce la merce in vendita (all. b3).

Un’altra matricola molto simpatica, nell’ambito dell’Università, era quella di indurre la fanciulla a fermare un vecchio docente ed a chiedergli di scopare con lei: il finale era “a sorpresa” in quanto il docente rispondeva: “Mi piacerebbe molto, cara, ma non mi va di essere l’ultimo di un foltissimo gruppo!”

Ma il massimo dello spasso lo si raggiungeva quando le fanciulle circolavano per l’Ateneo accompagnate da un genitore (o da entrambi) o quando la matricola era una suora o una novizia.

Nel primo caso matricola e parenti venivano circondati dai Goliardi e diventavano il centro di uno sfrenato girotondo ritmato dalla canzone: “Di bimbe come te / la mamma non ne fa più / s’è rotta la macchinetta, / s’è rotta la macchinetta! / Di bimbe come te / la mamma non ne fa più / s’è rotta la macchinetta / e il papà non titra più!”. In questi casi chi si incazzava di più era il padre, punto nel vivo…

Se la mATRICOLA era un maschietto, per lo più accompagnato dal padre (erano tantissimi questi poveri disgraziati, figli per lo più di liberi professionisti), la canzone dei “girotondini” (da non confondere con i più recenti sfigati di morettiana memoria…) era: “Ciao fighetta, / rispettiamo la tua sfiga / di avere un padre così / e ci limitiamo a mandarvi / tutti e due /  a dare via oil culo!”

Nel secondo caso, quando transitava  una matricola suora, sia che fosse sola (cosa rara), sia che fosse accompagnata da qualche consorella, per lo più vecchia, rinsecchita, rugosa e stronza, i Goliardi si ponevano sull’attenti, tipo picchetto d’onore e facevano ala al suo passaggio cantando la nota canzoncina: “Noi vogliamo tanto bene / alla madre superiora / che insegna alle educande / a sfilarsi le mutande. / Noi vogliamo tanto bene / alla madre superiora / che se anche ci bastona / noi la manderemo in mona!”.

La balia
E’ una simpaticissima pena per due mATRICOLA, ma è talmente simpatica che spesso si trasformava in uno scherzo, anche interpretato da anziani.

La più alta delle due matricole, per lo più una donna (ma poteva essere anche un machietto) vestita da balia, col classico grembiule azzurro ed un seno esageratamente prosperoso, mentre la mATRICOLA più mingherlina e bassa di statura è vestito da poppante (fasce, camiciola, bavagliolo e cuffietta) e posto in una specie di mega carrozzina con tanto di capotte.

La balia gira in lungo ed in largo per le strade della città, accudendo al lattante, per altro molto rumoroso e frignone, aggiustandogli la cuffietta ed il bavagliolo, pulendogli la boccuccia e raccogliendogli il sonaglietto (la cui forma fallica, con tanto di testicoli, è scontata), che cade in continuazione.

Il pargolo, inoltre, ha sempre una gran fame, per cui la balia è costretta a mettergli in bocca in continuazione un capace biberon (ovviamente pieno di vino) e subito dopo, con delicati colpetti sulla schiena, fargli fare il ruttino (è superfluo dire che l’espressione gastrica dell’angioletto è paragonabile ad un boato).

Ma il momento più bello lo si raggiunge durante il cambio del pannolone.

La balia si ferma in un giardinetto (preferibilmente affollato), si siede su di una panchina, alza la camiciola al lattante e gli leva il pannolone, lo osserva con attenzione, facendo in modo che tutti possano apprezzare lo spesso strato di cioccolata che lo copre e poi esclama preoccupata:

– Ma povero bambino, hai fatto poca popò, adesso ti faccio il clisterino così ti potrai liberare!

Tira fuori dalla borsa un enteroclisma per cavalli già pieno, lo inserisce sotto la camiciola e lo svuota.

Poi se ne vanno velocemente a ripetere la scena da altre parti, mentre dalla carrozzina provengono inequivocabili rumori di tipo gassoso.