Da Villanova a Coniolo, valli e colline del casalese

VILLANOVA_PARROCCHIALE SAN EMILIANOdi Fabrizio Capra

Il nostro GiroVagando ci riporta in questo mese di giugno nel casalese, e partendo dalla valle del Po iniziamo a salire sulle prime colline.

Si prende il via da

VILLANOVA MONFERRATO

paese già esistente sotto l’Impero Romano, come si ipotizza sulla base di alcuni ritrovamenti archeologici. Si tratta del comune più a nord della provincia d’Alessandria.

Iniziamo la nostra visita dalla CHIESA PARROCCHIALE di SANT’EMILIANO situata nel centro dell’abitato, la cui primitiva costruzione era datata intorno all’anno 660. L’attuale forma risale al XIX secolo ed è stata realizzata su preesistenti chiese. Grande e scenografico sagrato completato da due piccole cappelle barocche ai lati. Il campanile è di origine tardo-romanico, come evidenziato da alcune serie di archetti pensili in cotto, sopraelevato nel 1783. Il prospetto è neogotico a doppio saliente diviso da quattro contrafforti culminanti con pinnacoli; grande rosone centrale e due finestre ad arco acuto laterali. Sculture in terracotta di Giovanni Bonardi (1990) sono poste sopra la porta centrale e le porte laterali. Grandioso interno a tre navate (più le due pseudo-navatelle estreme corrispondenti alla cappelle intercomunicanti); robusti pilastri a sezione quadrilobata e dipinti a fasce bicolori sorreggono archi acuti e ampie volte a crociera, decorate a cielo stellato. Grande altare maggiore in marmi policromi. Le vetrate del coro mostrano al centro S. Emiliano, affiancato da angeli e simboli delle Virtù teologali. Pregevoli gli stucchi seicenteschi della cappella dell’Immacolata, a destra del transetto. Le balaustre del presbiterio e delle due ultime cappelle laterali in marmo nero del Belgio intarsiato risalgono al terzo quarto del sec. XVIII. In capo alle navate laterali vi sono due grandi affreschi di Emilio Massaza (1880): Re David con la cetra e Mosè; dello stesso pittore sono quattro tondi nel presbiterio raffiguranti gli Evangelisti. Sui fianchi si aprono cappelle di varie epoche, quattro sul lato destro e tre sul sinistro. A destra: Madonna delle Grazie (1928), in stile neogotico, con la Madonna delle Grazie, venerata statua lignea di fine sec. XVII. Immacolata, con statua lignea del 1780. Cappella salesiana, con tela raffigurante l’Immacolata, di Antonio Caboni (1843) e statue dell’Ausiliatrice, di S. Giovanni Bosco e della beata Mazzarello. Cappella già dell’Immacolata con tela raffigurante l’Assunzione di Maria. A sinistra: battistero, con vaschetta marmorea a conchiglia e dipinto rappresentante il Battesimo di Cristo; cancello di ferro del 1843. S. Michele, con antico altare ligneo con colonne tortili e statue di angioletti, proveniente dalla vicina chiesetta di S. Michele; tela raffigurante la Madonna col Bambino, S. Maurizio e S. Michele che calpesta Satana, in cui il diavolo è un personaggio minuscolo con baffetti e pizzo seicenteschi; sulla parete destra, entro una nicchia vetrata, c’è un’interessante statuetta lignea di S. Michele, proveniente dalla chiesa omonima. Sacro Cuore, con pala di autore ignoto raffigurante Maria coi Ss. Emiliano, Bernardino e Michele. Il pulpito settecentesco, ornato di figure scolpite, ha una scala d’accesso elicoidale con ringhiera di ferro battuto. Sono inoltre di pregio una tela raffigurante la Deposizione coi Ss. Francesco e Carlo e una statua lignea del sec. XVIII rappresentante la Madonna del Carmine. Da vedere una statua dell’Addolorata, opera della Casa dei Salesiani di Torino, acquistata nel 1895. Una croce processionale in legno rivestito da lamina metallica argentata realizzata nel 1842 da Francesco Taglioni; un Cristo scolpito in legno policromo risale alla stessa epoca. Del santo patrono si conserva un reliquiario ligneo scolpito e dorato, di gusto settecentesco. Organo Lingiardi del 1880-81.

Nella sala consiliare del PALAZZO MUNICIPALE è conservato un bel quadro delVILLANOVA_PALAZZO MUNICIPALE Guala: la Madonna con bambino mentre benedice S. Emiliano e S. Bernardino.

Sono, inoltre, da vedere:
SAN BERNARDINO, sulla sinistra della chiesa parrocchiale, cappella seicentesca, adibita ora a uso culturale (esposizioni, mostre di pittura, ecc.).
SAN MICHELE, nel piazzale del Municipio, sul lato destro della parrocchiale. Cappella seicentesca. Con la precedente funge da proscenio per la chiesa principale. La costruzione della chiesa ebbe inizio forse nel 1648. La chiesa è chiusa al culto e viene utilizzata talora per feste popolari.
MADONNA della NEVE, in via Bosso. La facciata è decorata con un dipinto di Giovanni Bonardi (1977).
SAN ROCCO, a ovest del paese, sulla strada che porta a Balzola; già citata all’inizio del sec. XVIII.
ASSUNTA, presso il cimitero. Graziosa cappella settecentesca.

Lasciamo Villanova Monferrato per

BALZOLA

paese situato sulla sinistra del fiume Po e al fiume è legata l’etimologia del nome che sembra derivare da un cambiamento morfologico del territorio creato dall’erosione delle rive del grande fiume e va ricollegata al termine latino balteum, il cui significato è balzo e al suo diminutivo balteola.

Iniziamo la visita con la PARROCCHIALE dell’ASSUNTA, sorta nell’attuale piazza Giovanni XXIII su progetto di Francesco Ottavio Magnocavalli. Le fondamenta furono iniziate nel 1751, nello stesso sito della chiesa precendente; il 25 luglio 1752 venne posta la prima pietra dal marchese Bonifacio Fassati; la costruzione si concluse nel 1760. Il campanile, eretto sul moncone del preesistente, fu completato nel 1777. La chiesa fu consacrata il 20 settembre 1778. Un concerto di cinque campane fu installato nel 1847. Nel riempimento del terrapieno che sorregge il piazzale antistante la chiesa si trova reimpiegato un miliare romano di granito di dimensioni imponenti, apparentemente anepigrafe. L’orientamento è est-ovest con facciata in mattoni a vista, in due ordini, con timpano tripartito, sorretto da quattro alte lesene; il primo ordine si allarga lateralmente con eleganti superfici concave, coronate da attici a balaustrini; vi sono sei nicchie prive di statue. Il portone ligneo è settecentesco. L’interno è grandioso, con impianto a croce greca inscritta in un rettangolo, concluso dal presbiterio quadrato coperto a volta e dall’abside semicircolare con catino diviso in tre spicchi. L’aula è coperta sulla campata centrale all’incrocio dei bracci da una grande cupola ribassata ellittica divisa in dodici parti da costoloni, e da volte a botte unghiata sulle altre due campate. L’altare maggiore è in marmi policromi con lapislazuli (ca. 1755). Gli affreschi di presbiterio, coro e cupola (iniziati nel 1943, terminati dopo il 25 aprile 1945) sono opera di Mario Micheletti, che durante la seconda guerra mondiale soggiornò a Balzola, suo paese natale. Dello stesso artista è la Via Crucis, per le cui figure di angeli furono presi a modello bambini dell’Asilo. Nel corso dell’ultimo restauro (2002) si è scoperto nella cupola un frammento di affresco più antico, con tre testine d’angeli, che ricordano lo stile del Guala. Il nuovo altare, rivolto al popolo, in legno di cembro dorato è opera di Aldo Boggione. Sobrio coro ligneo originale (seconda metà sec. XVIII). Ricca balaustra settecentesca di marmi policromi intarsiati. Su ogni lato si aprono tre cappelle, di cui quelle centrali di maggiori dimensioni; a destra: S. Lucia, con altare in stucco, decorazioni ad affresco e pala raffigurante la Sacra Famiglia con le Ss. Lucia, Liberata, Agata e Apollonia, di mediocre imitatore del Guala. S. Rocco, con ricco altare in stucco e tela raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Rocco, Sebastiano e Grato, opera tarda di Orsola Caccia (ca. 1650-57). S. Antonio, cappella delimitata da una balaustrata analoga a quella del presbiterio, con altarino di marmo, su cui è posta entro una nicchia la statua lignea del santo. Tra la cappella di S. Antonio ed il presbiterio è collocata una statua lignea dorata dell’Assunta (prima metà del sec. XVIII). Cappelle di sinistra: S. Pietro, con altarino in stucco e tela raffigurante la Vocazione di S. Pietrodi Emilio Massaza. Del Rosario, con altare in stucco e tela settecentesca raffigurante la Madonna del Rosario coi Ss. Domenico e Caterina da Siena. Del Crocifisso: sopra l’altare è collocato un Crocifisso ligneo di dimensioni naturali (venerato dalle popolazioni dell’Oltrepò, che si rivolgono ad esso nei periodi di siccità), con attribuzione dubbia ai Cassina; nella parete destra si apre una nicchia contenente una statua settecentesca dell’Addolorata. Tra le cappelle dell’Addolorata e del Rosario è collocato il pulpito, di legno intagliato, che viene attribuito a Giovan Battista Gasparini (metà del sec. XVIII). Tra la cappella di S. Pietro e la bussola d’ingresso c’è un piccolo e suggestivo battistero delimitato da un cancelletto di ferro battuto. Preziosa la dotazione di paramenti e vasi sacri, reliquie e reliquiari. Collocato sulla tribuna d’ingresso e racchiuso in una grandiosa cassa è l’organo di Andrea Luigi Serassi e Giuseppe Antonio Serassi, dono della municipalità alla parrocchia nel 1780.

Nel centro del paese si può vedere la barocca CHIESA di SAN MICHELE progettata da Giovanni Battista Scapitta (disegno firmato, non datato, forse del 1685-86). Oltre che sede della confraternita divenne cappella del palazzo Fassati. La chiesa è preceduta da un sagrato delimitato da un basso muretto; il campanile s’innalza posteriormente sul lato sinistro; muretto e campanile non risultano però nel disegno dello Scapitta. Facciata a due ordini, scandita al primo ordine da quattro lesene composite con capitelli ionici; i due gruppi di lesene centrali si prolungano al piano superiore, più stretto, che culmina con un timpano curvilineo e si raccorda al piano inferiore con due volute. Portone ligneo settecentesco, sovrastato da un frontone curvilineo spezzato; ai lati ci sono due nicchie vuote e i rilievi in stucco raffiguranti S. Giacomo (a sinistra) e S. Bovo (a destra); sopra la trabeazione una finestra “reniforme” e una nicchia con statua di S. Michele. Impianto a croce greca con aula centrale ottagonale unita a un corpo longitudinale comprendente presbiterio e coro, ai cui lati sono disposte simmetricamente due piccole sacrestie. Sull’asse trasversale due espansioni contengono gli altari minori. Nel tiburio ottagonale è inscritta una cupola a spicchi. L’altar maggiore e i due altari laterali dedicati a S. Bovo e alla Vergine sono in stucco con paliotti in scagliola policromi tripartiti attribuiti a Pietro Solari (1720-30). L’altare maggiore è privo di pala; gli altari laterali hanno una ricca alzata in stucco con colonne tortili, trabeazione con angeli e putti sorreggenti cartigli; all’altare di sinistra è posta una tela raffigurante la Vergine venerata da S. Giacomo; l’altare destro, benedetto nel 1699, ha una tela di pittore piemontese raffigurante la Madonna col Bambino e S. Bovo (metà sec. XVII). Nel coro c’è un’altra tela di pittore piemontese raffigurante la Madonna col Bambino e i Ss. Michele, Sebastiano e Rocco (inizi sec. XVII). In una nicchia vetrata presso l’altare laterale destro è custodita una statua lignea dell’Addolorata con braccia mobili con dubbia attribuzione ai Cassina. Sulla parete alla sinistra dell’altar maggiore è murato un rilievo marmoreo di S. Michele, tra le più alte testimonianze della scultura gotica della provincia, che doveva far parte come scomparto centrale del registro inferiore di un polittico marmoreo, opera di area lombarda databile al 1450-60. Nei quattro lati obliqui più corti dell’ottagono centrale si aprono nicchie arcuate; al di sopra sono collocati entro cornici di stucco quat¬tro quadri giovanili di Pier Francesco Guala (1722): S. Michele che scaccia Lucifero, l’Apparizione di S. Michele sul monte Gargano, l’Angelo custode, la Scala di Giacobbe (prima opera datata dell’artista, firmata e con stemma dei Fassati).

BALZOLA_CASTELLO VECCHIOBalzola ospita i resti del CASTELLO FASSATI detto anche CASTELLO VECCHIO, di origine medioevale, sorto su un’antica costruzione fortificata di cui si ha già notizia nell’XI secolo. Oggi si presenta con i resti della sua struttura imponente, a pianta rettangolare, con due massicce ali laterali sopraelevate rispetto al corpo principale. Le finestre rettangolari si aprono a intervalli regolari nelle ali laterali, mentre nel corpo principale sono sovrastate da un ordine di finestre a tutto sesto. L’intonaco in gran parte crollato lascia intravedere amplissime porzioni dell’originale struttura in mattonato rosso.

Invece il CASTELLO GRIGNOLIO è una villa-castello in stile neo-gotico fatta costruire dal commendator Giovanni Grignolio a fine anni ’20. Progettato dall’arch. Carrera, l’ardito maniero, circondato da un muro di cinta merlato; ha come fondamenta l’antica ghiacciaia circolare di Balzola, visibile al piano terra; ha una piccola meravigliosa cappella. Presenta sontuosi mobili originali di Aldo Boggione, porte intarsiate, vetrate a piombo del prof. Siletti a opera della Vetreria Janni di Torino, pareti ricoperte di seta e decorazioni pittoriche di Angelo Bigatto, lampadari in vetro di Murano e in ferro battuto, pavimenti a parquet, pietra, mosaico, tutto di altissimo pregio artistico. Si sviluppa su 8 livelli per un’altezza di 30 metri, più di 600 mq. di superficie, scalinate esterne ed interne, balconi e terrazze, illuminazione notturna esterna e un gradevole giardino storico pensile. Il piano terra è stato adibito a location per piccole cerimonie ed eventi.

Alla Cascina Nuova, poco distante dal cimitero c’è la CHIESA di SAN SEBASTIANO, eretta nel sec. XVIII dai conti Callori. Il campanile ricorda quello di S. Michele. Interno sobrio con piccolo altare in mattoni; da qualche anno è stata ritrovata la tela originale della pala d’altare, raffigurante laMadonna venerata dai Ss. Sebastiano e Rocco, di scuola moncalvesca.

All’interno del cimitero, invece, si può vedere la CAPPELLA di SAN GRATO, che sostituisce una precedente chiesetta omonima.

Dopo Balzola nel nostro percorso incontriamo

MORANO SUL PO

una versione dell’origine del nome di Morano dice derivi dalla definizione dialettale “Murun” data dalla pianta del gelso. Infatti anticamente qui venivano coltivati i gelsi in funzione alimentare dei bachi impiegati per la produzione della seta. Muranus è citato per la prima volta nel diploma dell’Imperatore Ottone III in data 19 luglio 992 come concessione a favore dell’Abazia di Novalesa ricostruita nel 980. Antecedentemente a questo agglomerato si sapeva dell’esistenza di un villaggio romano, probabilmente preceduto da insediamenti gallici e prima ancora da popolazioni liguri. La scoperta di una necropoli, avvenuta nel secolo scorso, in località Pobietto, ha fatto sì che le origini si spostassero ulteriormente nel tempo, fino all’età del bronzo finale, ovvero intorno all’XI secolo a.C.

Iniziamo la nostra visita con la CHIESA PARROCCHIALE di SAN GIOVANNIMORANO SUL PO_PARROCCHIALE SAN GIOVANNI BATTISTA BATTISTA situata nel centro del paese. La prima notizia della chiesa di S. Giovanni risale al 1217. La Facciata rivolta a occidente, ampiamente affrescata con scene che raffigurano S. Giovanni Battista al centro, quattro angeli, otto episodi della vita di Cristo e due cori di fanciulli, opera di Mario Micheletti (1937). L’interno a tre navate prende luce da vetrate del 1932. Le navate sono divise da colonne a fascio con capitelli ionici sorreggenti arcate a tutto sesto. Affreschi dei fratelli Pietro e Tommaso Ivaldi con decorazioni di Giuseppe Ferrario (1858-59): sulla volta l’Assunta, l’Ascensione di Cristo, Dio Padre; alle pareti del coro la Nascita di Giovanni Battista, la Predicazione del Battista, la Decollazione. L’altare maggiore di marmo è opera di Francesco Bottinelli (1767); sul tabernacolo è posto un cupolino marmoreo, residuo di un ciborio con colonnine collocato sull’altare attorno al 1830. Il coro ligneo fu costruito a Morano tra il 1730 e il 1736. La bella balaustrata è della ditta Pellagatta (1770); sul suo estremo di sinistra è appoggiata una statua di S. Giovanni Battista; alla parete presso l’estremo destro è appeso un quadro moderno raffigurante l’Immacolata col Bambino e il Sacro Cuore. Le cappelle laterali sono state ampiamente rimaneggiate; sulla destra c’è un bell’altare marmoreo settecentesco di S. Giuseppe con la statua in stucco del santo, opera di Luigi Villa (1915). A sinistra nella prima cappella comprendente il battistero è posto un ovale col Battesimo di Gesù, di pittore ignoto. Segue la cappella del Rosario decorata da Pietro e Luigi Saletta (ca. 1770), con elegante altare di marmi policromi, attribuibile ai Colombara (anni ’60 del Settecento); in una nicchia laterale è posta una statua della Madonna del Carmine, acquistata nel 1924. Nell’ultima cappella di sinistra, già del Suffragio delle Anime Purganti (la cui compagnia fu costituita nel 1742), troviamo una statua del Sacro Cuore. I notevoli confessionali in stile barocco sono provenienti dal convento di Monte Sion, ma originariamente erano nel santuario di Crea. Un’acquasantiera di marmo del sec. XVI fu donata dalla nobile famiglia Bobba di Frassineto. Sulla tribuna all’ingresso è collocato l’organo di Giovanni Mentasti, del 1891. Un affresco della volta della sacrestia raffigura S. Giovanni Battista, di Pietro Antonio Serra (1712) e ridipinto nel 1742 da un certo Gabriele. Credenzoni del 1713. Si conservano una tela coi Ss. Antonio da Padova e Lucia (nel 1686 era all’altare di S. Antonio) e un quadro raffigurante Cristo in croce coi Ss. Defendente e Carlo Borromeo (m 2.35 x 1.35) di un certo Foro di Rive (1765).

La visita prosegue con il PALAZZO del COMUNE, in origine abitazione di un certo dott.Finazzi, fu costruito nel 1839, modificato ed adattato ad esigenze pubbliche nel 1879.
Nella via omonima possiamo vedere la CHIESA di SAN PIETRO MARTIRE di cui non è nota la data di fondazione. Già sede della confraternita di S. Pietro martire, detta della Cappa Bianca. Nel 1769 vennero sopraelevati tetto e campanile e alla destra dell’altare fu ricavato un vano-sacrestia. La porta della chiesa sarebbe stata acquistata a inizio Ottocento dal soppresso monastero di Monte Sion. Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali, con segnalazione degli affreschi quattrocenteschi e nel 1974 fu ritrovato sotto un’intercapedine di mattoni un affresco raffigurante la Madonna allattante fra santi. Pareti esterne in mattoni a vista. Interno a tre navate divise da robuste colonne intonacate con scanalature dipinte, sorreggenti archi a sesto acuto; abside semicircolare. Su un mattone posto a più di due metri di altezza nella parete laterale destra si legge la scritta «1503 die 28 F». Il modesto altare su tre gradini consunti ha una pala d’inizio sec. XVII di Carlo Cane, effigiante il Martirio di S. Pietro martire. Sulle pareti sono conservate alcune pitture murali: nel catino absidale Cristo nella mandorla coi simboli del Tetramorfo; nella parte inferiore, suddivisa verticalmente in tre scomparti da cornici a grottesche, a destra Salomè presenta ad Erode la testa di S. Giovanni, a sinistra Martirio di S. Pietro martire. Nell’intradosso dell’arco trionfale Santi e busti di Profeti. Nella cappella laterale sinistra al fondo della chiesa Madonna allattante in trono tra i Ss. Rocco e Sebastiano. In sacrestia Santo vescovo ai cui piedi si legge la scritta «Martinus de Minotis fecit fieri». Alla parete di controfacciata c’è un dipinto poco leggibile con Santo vescovo e devoto. Nella seconda campata della navata minore destra si trova l’affresco più famoso: Madonna col Bambino, angeli con strumenti musicali e i Ss. Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Pietro martire e Giuseppe. Sul pilastro adiacente S. Francesco con orante. Nella campata seguente S. Biagio. Nell’ultima colonna destra della navata maggiore frammento di Santo. Gli affreschi sono databili a fine XV – inizio XVI secolo e riconducibili a due correnti principali: la prima più arcaica con figure più piatte e ieratiche, e panneggi stilizzati, si riscontra nel Santo vescovo in sacrestia, nel S. Francesco e nel S. Biagio; la seconda corrente, più elaborata, con scrupolosa attenzione alla descrizione dei particolari, si riscontra nell’abside, nella cappella di fondo a sinistra e nella seconda campata della navata destra.

In via Pietro Gallo troviamo la ex CHIESA della SANTISSIMA TRINITA’  ora proprietà comunale. Non si conosce la data di costruzione, che è comunque anteriore al 1608. Già sede di confraternita, detta della Cappa Rossa, aggregata nel 1608 all’Arciconfraternita della SS. Trinità di Roma. La pianta è a croce, paramento in mattoni a vista; facciata segnata da paraste, in due ordini con timpano; nel secondo ripiano si apre una finestra dal profilo superiore sinuoso. Pianta a croce. Sulle pareti interne sono presenti mediocri affreschi restaurati nel sec. XIX. Balaustrata marmorea. È divenuta auditorium ed è usata saltuariamente per scopi associativi e culturali.

MORANO SUL PO_ MADONNA DEL CEPPOLa MADONNA del CEPPO o della CONSOLATA è situata sulla strada per la frazione Due Sture a 2 Km da Morano. Dalla lapide posta sopra la porta d’ingresso risulterebbe costruita nel 1377 da Guillelminus de Careto, rettore della Casa Religiosa di Morano dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme. Per secoli vi abitò un eremita. Fino al sec. XIX era indicata come chiesa della Consolata; non si sa da quando ha preso l’appellativo attuale “del Ceppo”. Il pavimento fu rifatto nel 1880. Nel 1939 venne riportato alla luce un frammento di affresco antico nascosto sotto un muro. Nel 1943 Giuseppe Borla realizzò decorazioni in facciata e nell’interno. La parte inferiore della facciata è costituita da un atrio con tre arcate a tutto sesto disuguali; al di sopra si apre un oculo. La parte superiore è conclusa da un timpano. L’altare di marmo nero con intarsi multicolori è opera della ditta Diamante Pellagatta, Carlo Giudice e Gabriele Gussone (1758); bella balaustrata marmorea coeva. Vi sono resti di affreschi, raffiguranti la Madonna col Bambino (sec. XIV). La Madonna del Ceppo, statua lignea d’inizio sec. XVI, è ora custodita nella Casa Parrocchiale. . Nella tradizione popolare la Madonna qui venerata fu denominata “del ceppo” perché la leggenda vuole che il simulacro venne rinvenuto da un contadino proprio sotto un ceppo

SAN ROCCO è una cappella in stato di abbandono, situata sull’argine appena fuori della via Po. Non è nota la data di costruzione. Pregevole esempio.
In frazione Due Sture, la vecchia fornace è stata trasformata nel MONUMENTO AL LAVORO.

A questo punto iniziamo a inerpicarci sulle colline per raggiungere

CAMINO

un paese che ha origini remote: i primi insediamenti sul territorio risalgono probabilmente al tempo dei Romani. Il toponimo Camino, che si trova per la prima volta in un documento del 1151, ha radice italico/latina: Caminus da “camo”, fornace, perchè qui si fondeva il minerale da cui si estraeva l’oro, ricercato nelle aree vicine all’abbazia di Lucedio.

A Camino, sulla collina che domina l’abitato, sorge un imponente CASTELLO,CAMINO_CASTELLO munito di mura e di torri merlate, tra i più scenografici del Monferrato, struttura difensiva fondata dagli Aleramici, risalente all’anno 1000; ampliato fino al XVIII secolo, fu sede di soggiorno per diversi esponenti di Casa Savoia. Gli  Scarampi mantennero la proprietà del castello fino agli anni ’50 del 1900. Oggi è proprietà privata. La visita conduce attraverso sale splendidamente affrescate e non mancherà di regalare qualche brivido: come dimenticare che tra drappi e balconate vagano senza pace i fantasmi di Scarampo e della sua sfortunata moglie Camilla. Il restauro del XIX secolo s’ispirò ai dettami della scuola francese di Viollet Le Duc: furono realizzate la sala da pranzo in stile neo-gotico, la biblioteca e il teatro con affreschi che si rifanno a episodi del Don Chisciotte. Sempre nello stesso periodo furono aperti uno spazioso cortile e una piccola cappella. È visitabile solo in certi periodi (www.castellodicamino.it).

Poco fuori le mura del castello merita una visita la CHIESA DI SAN GOTTARDO. Fu eretta forse all’inizio del sec. XV dagli Scarampi. Nel 1911 la chiesa venne elencata tra gli edifici monumentali nazionali, con segnalazione degli affreschi del 1478. Muratura in mattoni a vista. Facciata a capanna, culminante con tre pinnacoli, rinforzata da quattro contrafforti che raggiungono i 2/3 dell’altezza. Nel settore centrale c’è un modesto portone con semplice cornice barocca in muratura, sovrastata da una finestra centinata. Sul lato sinistro grandi arcate sottomurate sono traccia della presenza in passato di due cappelle, demolite verosimilmente per problemi statici. All’interno ci sono interessanti pitture murali (già imbiancate a calce per disinfestazione dopo qualche pestilenza). Alla parete destra: S. Agata, con finta cornice lignea (tardiva), stilisticamente simile alla successiva Madonna col Bambino su trono sormontato da angeli musicanti coi Ss. Sebastiano e Rocco (primo decennio del sec. XVI; citazione della Madonna di Crea, attribuibile a un pittore filo-spanzottiano con precedente di migliore qualità nel battistero di S. Giovanni a Varese); gli angeli seduti sulla predella sono tardivi. Sulla parete di fondo a sinistra Madonna allattante su un semplice trono ligneo alle cui spalle è steso un drappo damascato (seconda metà sec. XV); a destra S. Redegonda, datata 1428, o più probabilmente 1478 («1428 hoc fecit fieri …»); al di sotto compare uno strato affrescato più antico con una santa dal velo bianco e un frammento di vescovo benedicente (inizi sec. XV).

La visita prosegue con la CHIESA PARROCCHIALE di SAN LORENZO MARTIRE, posta su una collinetta tra il rione Cornale e il paese alto. Costruita alla fine del secolo XVII fu consacrata nel1798, prospetticamente collocata a fronteggiare l’augusto maniero, quasi a perpetuare l’eterna disfida tra il potere spirituale ed il potere temporale. Sagrato in ciottoli composito e monumentale, con monogramma (lettera «M»). In facciata è posta una statua di marmo bianco della Madonna, sul cui piedistallo è visibile lo stemma degli Scarampi. La facciata è in laterizi a vista; al corpo centrale sono affiancati due elementi laterali che ripetono il motivo centrale, ma terminano con un timpano triangolare. Portone ligneo del 1749. Sulla parete meridionale sono presenti due quadranti solari con gnomone ortogonale. L’interno riprende la divisione anticipata dalla facciata: un grande vano centrale, coperto con volte a crociera cui sono affiancati due volumi laterali anch’essi coperti da crociere. Gli affreschi della volta (Interrogatorio e martirio di S. Lorenzo) e sulle pareti del presbiterio (S. Giovannino porge l’Eucaristia alla Madonna e Cena di Emmaus) sono di Luigi Morgari (1932). Pavimento del presbiterio in mosaico (1864). Nel coro c’è una grande tela raffigurante S. Lorenzo (sec. XVII). Altare delle Anime dono del vescovo di Asti Arborio Gattinara (1795). Alla parete nord è addossata la cappella funeraria degli Scarampi, intitolata alla Madonna del Rosario, edificata attorno al 1870 in stile neogotico su disegno del marchese Ferdinando; la statua della Madonna del Rosario, accolta in una nicchia vetrata, è contornata da formelle ottagonali coi Misteri. Fra la cappella e il presbiterio c’è una nicchia con statua in stucco dipinto di S. Lorenzo giovane, recante in una mano la graticola, nell’altra il libro dei conti della Comunità. Bei confessionali in noce di inizio sec. XIX a forma di tempietto con cupola emisferica, simmetrici. Interessante il pulpito decorato con i busti dorati dei quattro Evangelisti. Gli scomparti interni dei battenti della porta d’ingresso sono dipinti con due angeli, d’ispirazione moncalvesca. Organo dei Mentasti (1866).

Interessanti alcune chiese purtroppo solo da vedere dall’esterno.
SANTA MARIA: in rione Cornale, segnalata agli inizi del sec. XVIII è  pericolante.
SAN BERNARDO: in rione Luparia segnalata agli inizi del sec. XVIII si presenta con una piccola aula rettangolare con abside; quadro con S. Bernardo.
IMMACOLATA: in rione Villanova segnalata agli inizi del sec. XVIII si presenta con una piccola aula rettangolare e conserva una tela con l’Immacolata e santi.
SAN GRATO: donazione della marchesa Scarampi nel 1954. segnalata agli inizi del sec. XVIII. Di forma ottagonale irregolare; è abbandonata.
In paese è da vedere la FONTANA MONUMENTALE del 1949 a ricordo della costruzione dell’acquedotto del Monferrato.

Il comune di Camino vede la presenza di alcune frazioni.

Si parte da CASTEL SAN PIETRO, adagiato nella campagna, con belle case dai muri in tufo, è un delizioso borgo, contrassegnato da alcune piccole ma ben curate chiesette. La frazione, Castrum Sancti Petri, deve d’altra parte il suo nome alla presenza di una chiesa dedicata al Santo.

In località Castello si gode di un’eccezionale vista a 360° sulla pianura e sulle colline, dal Monviso all’ingresso della Valle d’Aosta, da Novara fino, nelle giornate più limpide, a Milano.

PIAZZANO è un piccolo borgo sulla collina che delimita il confine con Mombello, a Piazzano ebbe i suoi natali un personaggio straordinario, che ha dominato le cronache settecentesche della Russia della Grande Caterina: Giovanni Battista Boetti, detto Giobatta, era un frate domenicano che, gettata la tonaca alle ortiche e approdato per vie traverse in Oriente, si prefisse di unire scismatici e cattolici in unica religione. Il Profeta Mansur (il vittorioso), come si era ribattezzato, grazie al suo carattere carismatico e a presunti doti di ubiquità che contribuirono alla creazione del suo mito, riuscì a porsi alla testa di un esercito che tra Armenia, Georgia e Circassia passò, di vittoria in vittoria, in una specie di guerra religiosa e di ribellione al potere centrale. Preso prigioniero dai russi, fu esiliato sul Mar Bianco dove morì, a Solowesk nel 1798. Una targa su una casa nel cuore di Piazzano ne ricorda le gesta temerarie.

Ci spostiamo quindi a ISOLENGO, disteso come un serpente sul crinale che conduce da Camino alla vicina Cantavenna, è un borgo immerso nella pace campestre. Merita una visita la chiesa di SAN MARTINO, il cui campanile è il simbolo del borgo. A un paio di chilometri dall’abitato, in direzione Pontestura, si scorgono sulla destra i resti di una vecchia ciminiera, che solitaria fa da vedetta sul territorio.

Frazione successiva BRUSASCHETTO che deve il suo nome alla rocca detta Brusasca, nominata in un diploma di Corrado il Salico del 1206 a favore del Monastero di Breme. Oggi Brusaschetto è un borgo vivace, dalle abitazioni graziose, dove le tracce del duro lavoro nelle vicine cave di marna da cemento restano soltanto negli occhi dei pochissimi anziani che vi trascorsero la vita. A Brusaschetto si può vedere la CHIESA di SAN EMILIANO, all’estremo nord della frazione, documentata già nel 1212. La costruzione dell’edificio attuale fu iniziata nel giugno 1700 e terminata nel 1724. L’altar maggiore fu realizzato nel 1707. Tra la fine del 1750 e la primavera del 1752 venne eretto il campanile; nel 1758 fu completata la sacrestia; nel 1822 fu costruito il battistero. Nel 1955 il campanile risultava inclinato di 40 cm verso la casa canonica; venne mozzato nel 1965. La CHIESA di SAN SEBASTIANO si trova, invece, all’estremo sud della frazione. Nei primi decenni del ‘700 la cappella campestre era intitolata ai Ss. Sebastiano e Fabiano; successivamente rimase solo il titolo attuale di S. Sebastiano. Nel 1882-83 l’edificio fu demolito e ricostruito dalla popolazione. Vi furono trasferite le funzioni parrocchiali dalla pericolante chiesa di S. Emiliano. Aula rettangolare di ridotte dimensioni con abside e piccolo portico antistante. Può accogliere solo una trentina di fedeli. In una lunetta sopra l’ingresso è dipinto S. Sebastiano. Pareti esterne intonacate, campanile in mattoni a vista. Settecentesca statua lignea di S. Sebastiano sull’altare. Nel piccolo coro vi sono due quadri scuriti con santi di difficile individuazione, tra cui S. Liberata.
ZIZANO costituisce oggi la più piccola tra le frazioni caminesi, a metà strada fra il capoluogo e il fiume Po. La sua origine è nondimeno antica ed è da ricondurre all’epoca romana (alla quale riporta il suffisso -ano); nel medioevo Zizano compare nel XIII secolo come Gicanum, sottoposto a partire dal secolo successivo alla giurisdizione signorile degli Scarampi. La piccola chiesa sei/settecentesca dei SANTI ROCCO E STEFANO fu parrocchia sino al 1700. Sulla parete meridionale, alla base del campanile, è presente un quadrante solare con gnomone polare, databile agli inizi del sec. XIX.

La visita alle frazioni di Camino si conclude con ROCCA DELLE DONNE, uno dei luoghi più belli dell’intero Monferrato. Accoccolato su un costone roccioso a picco sul Po e sulla pianura, Rocca Brusasca è oggi Rocca delle Donne: gli abitanti, conquistata la panoramica cima collinare protesa sulla pianura e sul Po, cambiarono nome al borgo dopo la costruzione nel 1167 di un convento per le monache. Il Monastero venne chiuso nel 1492 con una bolla papale che tacciava di «condotta sregolata» badessa e monache, diventate nel tempo le vere dominae dell’area. Sul Monastero sono fiorite leggende, come quelle che citano cunicoli che collegherebbero la struttura alla Tenuta Gaiano, distante pochi chilometri. Un fascino misterioso che si respira ancor oggi attraversando l’abitato.

SANTA CATERINA d’ALESSANDRIA è la ex parrocchiale di Rocca delle Donne e sorge in prossimità dell’antico monastero di cui permangono tuttora significativi resti, passati a proprietà privata con le confische napoleoniche. La chiesa attuale, dedicata da epoca imprecisata a S. Caterina d’Alessandria, venne edificata nel sec. XVII, ribaltando l’orientamento della primitiva chiesa intitolata a S. Maria. Parti della costruzione originale della chiesa sono visibili dal cortile dell’ex convento: una parete lunga circa 25 metri e alta circa 10 metri, corrispondente nella sua porzione orientale all’attuale fianco meridionale dell’edificio sacro, è costituita da ciottoli in parte apparecchiati a spina di pesce con innesti laterizi; nella porzione prossima alla facciata vi sono due specchiature con archetti pensili costituiti da frammenti di laterizio. La struttura della parete e le caratteristiche degli archetti pensili, unitamente alla struttura dei pilastri rettangolari interni, forse antichi, riconducono a fabbriche del secondo quarto del sec. XI. La chiesa originaria era probabilmente di maggiori dimensioni dell’attuale, a tre navate e con facciata rivolta a ovest. La seicentesca facciata a capanna, rivolta a est, è parzialmente coperta sulla destra da una abitazione civile, che nasconde anche la base del campanile accostato al fianco settentrionale della chiesa. Interno a tre navate; la navatella di sinistra è più stretta della corrispondente di destra; abside semicircolare centrale. Sul lato destro del presbiterio si apre l’accesso alla sagrestia. L’altare maggiore è settecentesco. Sono conservate tre tele seicentesche di diversa qualità. Sulle pareti del presbiterio vi sono dipinti murali ottocenteschi di ambientazione romana antica. La CHIESA di SAN SEBASTIANO è ad aula rettangolare in lieve dislivello, abside su cui culmina un campanile a vela.

Lasciato Camino e le sue frazioni si scende verso

PONTESTURA

il cui nome deriva pare derivi da Pont Sturae, facendo riferimento al traghetto galleggiante sul Po, o, come da leggenda, da Pons Turris, mitico ponte con torre di epoca celto gallica, sul quale si vuole sia transitato Annibale con i suoi elefanti nel 218 a.C., che è anche lo stemma del Comune. Pontestura fu anche residenza estiva dei Paleologi (Marchesi del Monferrato). Nel castello del paese vi nacquero tre marchesi del Monferrato e fu tenuto prigioniero Ludovico il Moro. Nel 1510 vi nacque Margherita Paleologa, le cui nozze con Federico II Gonzaga saranno fondamentali per il passaggio del Marchesato di Monferrato tra i possedimenti del Ducato di Mantova. Il castello venne abbattuto in epoca napoleonica e la piazza principale del paese ne conserva il nome e la passata localizzazione.

PONTESTURA_CHIESA SANT AGATALa CHIESA PARROCCHIALE di SANT’AGATA, in corso Roma, nel centro del paese, fu fondata nel 1140 da Guglielmo di Camino. La costruzione della chiesa attuale risalirebbe al 1248, secondo l’indicazione di un’iscrizione su pietra murata in facciata. Verso la fine del sec. XIX fu rialzato il campanile con la cella campanaria. Il concerto di campane venne fuso dalla ditta Mazzola nel 1900. Nel corso di restauri del 1913-14 il prof. Chiapasco decorò la volta, che in precedenza era in mattoni a vista. Il pavimento fu rifatto nel 1927. La facciata venne completamentamente riplasmata su progetto di Vittorio Mesturino del 1929: i lavori, terminati nel 1932, comportarono rimozione dell’intonaco, ripristino dei mattoni mancanti o deteriorati, riapertura di due finestre circolari laterali e del rosone centrale antichi con evidenziazione della bifora soprastante, coronamento ad archetti pensili intrecciati e ricostruzione di cinque pinnacoli. Piccolo sagrato composito, in ciottoli di fiume bianchi e neri, col trigramma IHS e la data «1930». La facciata a salienti in mattoni a vista e corsi di arenaria, è tripartita da quattro robuste paraste e culmina con cinque pinnacoli in cotto. Bel portone ligneo settecentesco. Nella lunetta del portale c’è un dipinto murale, opera di Mario Gilardi (1957). Un concio di arenaria murato in facciata riporta le date 1248 e 1754 (o 1734) corrispondenti alla costruzione e al restauro della chiesa. Coronamento ad archetti sagomati intrecciati in cotto, che corrono anche lungo le pareti laterali; sul fianco destro una fascia sottostante in arenaria reca un breve tratto incompiuto di decorazione scolpita a girali. Da ciascun lato sporgono simmetricamente gli ampliamenti di tre cappelle. Sul fianco sinistro del presbiterio s’innalza la bella torre campanaria a sezione quadrata, con orologio (Trebino). Interno grandioso a tre navate, divise da pilastri cruciformi che hanno capitelli a fogliami con piccoli scudi. La navata centrale si collega al presbiterio e all’abside rettangolare, in cui è sistemato un coro ligneo (sec. XVIII). Altare maggiore in marmi policromi databile attorno al 1770 e attribuibile ai Bottinelli; di grande qualità è lo sportello del tabernacolo. L’altare rivolto al popolo è costituito da una vasca in pietra monolitica a forma di parallelepipedo che serviva per il battesimo a immersione, sulle cui pareti verticali, ciascuna divisa in due campi da tozze colonnine in rilievo, vi sono fregi scolpiti in modo rozzo: una ruota a cinque raggi, un fiore a dieci petali, un personaggio a braccia levate sorreggente un candelabro o un tridente, un pesce, un cervo, un serpente mostruoso, un intreccio, e una iscrizione databile intorno al 1300. All’arco sovrastante è appeso un grande Crocefisso. Il presbiterio è chiuso da una bella balaustrata di marmi policromi (metà sec. XVIII) che abbraccia anche gli altari di testata delle navate laterali e le ultime cappelle laterali. La chiesa possiede tre tele del Moncalvo: sulla parete destra del presbiterio S. Giovanni Evangelista; nella prima cappella di sinistra l’Adorazione del Bambino coi Ss. Giacomo e Stefano (1610); in capo alla navata sinistra la Madonna del Rosario col Bambino, i Ss. Domenico, Caterina, Pio V e la beata Margherita di Savoia, coi Misteri (1606). Due tele di Pier Francesco Guala: nella navata sinistra, tra le prime due cappelle la Madonna col Bambino e sette vergini (1730-31); nella navata destra, tra le ultime due cappelle, il Martirio di S. Bartolomeo (posteriore alla precedente e proveniente dalla chiesa di S. Giacomo). Vi sono altre tele seicentesche tra cui il Martirio di S. Agata, nell’abside, la Madonna col Bambino, i Ss. Giacomo e Agata, angioletti e confratelli, di scuola del Moncalvo, sulla parete sinistra del presbiterio, e, in fondo alla navata destra, una suggestiva pala di forma analoga alla Madonna del Rosario, con nicchia centrale contenente una statuetta della Madonna Immacolata contornata da dipinti con simboli mariani e sormontata da Dio benedicente nella cimasa (prima metà sec. XVII). In nicchie ricavate ai lati dell’apertura della terza cappella di destra, sono sistemati due reliquiari di S. Agata e S. Carina a forma di busto, il secondo attribuibile a Severino Cassina; di fronte, sul lato sinistro, entro un’altra nicchia è posta una statua dorata della Madonna del Rosario col Bambino. Al primo altare sulla destra (datato 1768) è posta una statua di S. Rita e una grande tela centinata coi Ss. Pietro, Vincenzo Ferreri e Bovo. Altre statue sono di modesto pregio: Sacro Cuore, Madonna col Bambino, Addolorata, S. Agata. Vi sono quattro confessionali settecenteschi in noce; sopra il confessionale situato tra le ultime due cappelle di sinistra è visibile un frammento di affresco con l’immagine di S. Giovanni Battista (sec. XV). Il pulpito in noce scolpito è datato 1738. Il grande organo collocato dal 1893 sopra la porta d’entrata, è opera di Giovanni Mentasti. Sotto la cantoria, sul lato sinistro della porta d’ingresso, è situato il battistero, chiuso da una bella cancellata di ferro battuto (sec, XVIII).

In corso Roma, presso il PALAZZO MUNICIPALE, alcune sale ospitano il DEPOSITO MUSEALE ENRICO COLOMBOTTO ROSSO, oltre cento opere del pittore torinese tra tempere, oli e chine; Colombotto Rosso ha collocato lavori in gran parte inediti e caratterizzati per un sapiente ricorso al cromatismo: il concetto di metamorfosi del corpo e dell’anima resta uno dei temi privilegiati nella sua pittura degli ultimi due decenni. (tel. 0142466134 – ingresso gratuito). Sempre presso il Comune si può visitare il MUSEO dei GIOCATTOLI, collezione donata nel 2007 sempre dall’artista torinese: nella prima sala trovano posto ben cento bambole in bisquit realizzate tra il 1880 e il 1920, cavallini, immagini d’epoca e tante cose che ricordano il passato, fino agli anni Trenta. Trova spazio nel museo anche un ottantenne Pinocchio in legno dono di Idalberta Gazzelli Sarno di Asti, che da bambina ci giocava, opera del falegname di famiglia.

Sempre in centro paese è visitabile la CHIESA di SAN GIACOMO, titolo attestato nel 1226. La chiesa attuale, secondo l’iscrizione inserita nella facciata, fu costruita nel 1764; doveva preesistervi il campanile, sul cui lato meridionale è murata una targa in pietra con la data «1755». Bel campanile in cotto. Pianta rettangolare, volta a botte. L’altare, coi due passaggi laterali chiusi da tende, separa il coro dall’aula. Vi sono due grandi quadri alle pareti laterali: a destra L’Arcangelo Michele che abbatte e calpesta il drago, del Moncalvo; sulla parete sinistra S. Giacomo con S. Agata e S. Giovanni, firmato e datato: «Sapelli faceva | a Casale | 1845». Ci sono statue di gesso di S. Michele e S. Giacomo. Due statuette lignee più antiche, di cui una rappresentante un Angelo annunciante, sono poste sopra i passaggi laterali dell’altare.

Arrivando da Casale, all’ingresso del paese, c’è la CHIESA della MADONNA delle GRAZIE, fondata prima del 1669 all’esterno delle mura di Pontestura. Massiccio campanile. Grandioso altare con quattro colonne tortili nere.
La CHIESA del CIMITERO propone solo un altare marmoreo che era originariamente nella chiesa di S. Giacomo.

In frazione CASTAGNONE si può vedere la CHIESA detta della MADONNA del TRONCHETTO, costruita dalla popolazione nel 1984 e inaugurata nel giorno di Natale dello stesso anno, poi consacrata a settembre del 1985. Nel 1992 sono state donate una statua lignea processionale della Madonna, opera di Antonio Borghi, e una statua del Sacro Cuore di Gesù, ora sistemata sull’altare. Paramento in mattoni a vista. Aula a navata unica. Vi è conservata una tela raffigurante la Madonna col Bambino venerati dal papa Giovanni XXIII, di Luigi Defrancisci.

Due le chiese, invece, nella frazione ROCCHETTA.
Quella della PURIFICAZIONE della BEATA VERGINE MARIA la cui prima pietra fu posata nel 1723 per poi essere completata nel 1728 come ricordato da una lapide in controfacciata. Edificio in mattoni a vista. Facciata slanciata a due ordini, con frontone curvilineo. La porta d’ingresso è preceduta da una breve scalinata; il portale in pietra arenaria chiara ha un timpano spezzato in cui è accolta un’iscrizione latina con data «1737». Sul fianco sinistro posteriormente si eleva il campanile dotato di cupoletta e orologio. Sul fianco destro sono visibili i resti di un quadrante solare con gnomone perpendicolare. Impianto ad aula rettangolare che si restringe nel presbiterio e nel coro semicircolare. Sulla volta sono presenti danni per infiltrazioni d’acqua. Alla parete di fondo è posta una grande tela con elaborata cornice lignea dorata, raffigurante la Presentazione di Gesù al Tempio (due colombi portati da S. Giuseppe alludono alla Purificazione di Maria, i ceri alla Candelora), opera settecentesca di autore ignoto. Ai lati della balaustrata che chiude il presbiterio vi sono due edicole con nicchie contenenti statue di gesso di S. Antonio da Padova e del Sacro Cuore e due piccoli altari; la pala dell’altare di destra ritraente i Ss. Sebastiano e Rocco è opera di Pier Francesco Guala (≤1731).

L’altra è intitolata alla MADONNA della NEVE o di VARONA, già citata nel 1158, quando faceva parte di un monastero unito a Crea. Di forma rettangolare, superficie esterna in cemento, con due contrafforti laterali. Tozzo campaniletto in facciata. Interno a unica navata. Sulla parete di fondo dietro l’altare è posta una tela raffigurante la Madonna col Bambino venerata dai Ss. Francesco e Domenico (come sfondo la collina di Crea), di L. L. Defrancisci (1987). Alle pareti laterali sono appesi alcuni ex voto.

Lasciamo Pontestura e ci avviamo verso l’ultima tappa passando per la frazione VIALARDA dove in località SMERALDA troviamo l’omonima cascina originaria di inizio settecento che conserva una piccola chiesetta restaurata di recente e riarredata con buona parte degli orginali arredi, altare compreso, e dove si può visitare il museo contadino oltre che godere di una bella visuale sulla vallata del Po e sulle risaie della vicina provincia di Vercelli.

Ultima tappa di questo percorso

CONIOLO

nome di origine romana, cuneolus, ed è suddiviso in Coniolo Alto e Coniolo Basso.CONIOLO_CHIESA PARROCCHIALE
Entrando in paese, e ci troviamo all’estremità occidentale di Coniolo Alto possiamo vedere la CHIESA PARROCCHIALE di SANTA MARIA. Già citata nel 1299 fu ricostruita e consacrata nel 1604, quindi nel 1909-10 venne ampliata su progetto dell’ing. Angelo Palazzo da aula unica alle dimensioni attuali, con prolungamento dell’aula e aggiunta delle due navate laterali, utilizzando anche materiale recuperato dalla demolizione della chiesa di S. Eusebio. Nel 2002, nel corso di lavori di rifacimento del pavimento della navata, sono comparse le fondazioni della primitiva chiesa, a navata unica e forse con abside poligonale, eretta verosimilmente entro la fine del sec. XIII. Le pietre che ornavano il portale della chiesa di S. Eusebio, sono poste all’ingresso dell’oratorio attiguo alla parrocchiale. La chiesa è rivolta ad occidente, in direzione opposta rispetto all’abitato. Larga scalinata d’accesso di quattro gradini. Sobria facciata neogotica a salienti, scandita da quattro paraste culminanti con pinnacoli; la parte superiore a fasce alternate di calcare e mattoni è conclusa con archetti. Al centro, sopra il portale, vi sono un rosone e due statuette in nicchia (Madonna e S. Eusebio); la parte inferiore è intonacata; ai lati del portale centrale, sopra porte finte, si aprono altri due rosoni. Il portale e le due porte finte sono completati da archi a tutto sesto e da frontoni in leggero aggetto, in cui sono murati quattro bacini ceramici (due piatti e due scodelle) in graffita dipinta in ramina e ferraccia con decorazioni geometrico-floreali, di cui i due centrali, meglio conservati, corrispondono nel disegno ad altrettanti bacini del campanile della chiesa di S. Ambrogio di Alassio, riferiti alla tarda produzione della graffita arcaica savonese (metà del sec. XIV). L’elegante portone ligneo centrale a pannelli intagliati e il portoncino sulla fiancata destra (del primo quarto del sec. XVIII) sono stati restaurati nel 1983. La parte posteriore della chiesa, rivolta verso il paese, appare come una finta facciata con orologio sul frontone, sormontata da un elegante campanile del 1891 con cupoletta a bulbo, che costituisce caposaldo trigonometrico per l’Istituto Geografico Militare. All’interno, a sinistra dell’ingresso, un’iscrizione su marmo riporta le date essenziali della storia della chiesa. Belle vetrate con Storie della vita di S. Giovanni Bosco. Dietro l’altare in scagliola lucidata è sistemato un coro di legno massiccio, forse proveniente dalla chiesa di S. Eusebio. Sono inoltre custodite due statue lignee rappresentanti l’Assunta e l’Immacolata; tre tele, copie di altri dipinti, tra cui S. Francesco in adorazione del crocifisso, copia da Nicolò Musso eseguita attorno al 1689 [BAVA 1999, p. 234], e i Ss. Eusebio, Pietro e Paolo.

Invece sulla rocca di TERRASCASSO si trovava anticamente in castello, distrutto ormai da secoli, del quale restano oggi alcuni ruderi della cinta fortificata.

Presso il COMUNE (via Dalmazio Birago 13) è visitabile il MUSEO delle MINIERE, raccolta museale sulla storia industriale e la vita nelle miniere di calcare nel territorio coniolese nella prima metà del ‘900 (0142408423).

COSA GUSTARE

Naturalmente il riso prodotto nella pianura del Po e i vini doc (Barbera del Monferrato, Barbera d’Asti, Grignolino Monferrato Casalese, Piemonte Chardonnay, Monferrato Freisa) prodotti nelle colline monferrine. Tra i dolci ricordiamo i krumiri e gli sgunfiun (tipico dolce carnevalesco).
Tra i piatti consigliamo gli agnolotti, la panissa, i salumi e il tradizionale fritto misto alla piemontese.

BALZOLA E CAMINO DUE CASTELLI, TRE FANTASMI E TRE LEGGENDE

BALZOLA_CASTELLO VECCHIOIntorno al Castello Vecchio di Balzola aleggiano due leggende popolari.

La prima spiega esotericamente il suo destino di costruzione abbandonata, affermando che esso era abitato da un mago lebbroso, che maledisse il castello, quando nel 1650 ne fu cacciato dai proprietari, risoluti a ristrutturare l’edificio. Da allora, si narra, chiunque provi a ricostruire, o ad abitare il maniero si imbatte nel fantasma del mago, una figura maschile vestita di tela di sacco, che reca il bastone con campanella, peculiare dei lebbrosi.

Una seconda leggenda narra dell’atroce fine di un gruppo di ragazzini, penetrati avventurosamente nel lungo sotterraneo che i Tizzoni fecero costruire tra il castello e il paese di Torrione e che pare avesse bocche di areazione ogni cinquecento passi. Secondo la leggenda, nel sotterraneo sarebbe conservata un’incisione, recante una maledizione.

Legata a due fantasmi anche la storia del Castello di Camino: nel cortile “degli scudi araldici” vi è il sarcofago di Scarampo Scarampi. Intorno al 1400 il castello fu luogo di battaglie e un episodio narra che le milizie del Governatore Aranite, dopo breve assedio, conquistò il castello condannando alla decapitazione Scarampo. La moglie apprendendo la notizia muore di dolore. La leggenda afferma che da allora i fantasmi di Scarampo e della moglie Camilla vaghino sulle torri merlate del maniero.

Principali fonti:
Siti istituzionali dei singoli Comuni
http://www.alessandriaturismopiemonte.it/ (Provincia di Alessandria)
wikipedia
eventuali siti dei singoli monumenti
http://www.artestoria.net/Indici/Bancadati.php