Ma chi l’ha detto che i mercati hanno sempre ragione? [La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

Abbiamo visto nell’ultima ‘coda’ che l’adottare un modello darwiniano (e cioè la prevalenza del più forte tramite la selezione naturale) in ambito sociale, ci respingerebbe indietro di migliaia di anni. Sarebbe aberrante e vorrebbe dire rinunciare non solo al welfare come comunemente viene inteso nelle democrazie occidentali, ma alle stesse conquiste della rivoluzione francese, all’uguaglianza, alla fraternità, e rinunciare insieme al messaggio cristiano che così grande parte ha avuto per un lungo ordine di secoli nel favorire il superamento di una concezione ferina del vivere.

La società moderna dunque (con un consenso che definirei unanime) non intende assolutamente accettare arretramenti su questo piano, anche se alcuni segnali destano forte preoccupazione come la legge approvata recentemente in Belgio che rende legittima l’eutanasia dai dodici anni in su.

Pare molto strano allora che il finanziario venga considerato come un settore in cui il lassez-faire, e cioè permettere che le forze in gioco agiscano liberamente, senza controllo alcuno, sia del tutto lecito e anzi portare di salutari ricadute sull’intero genere umano. Proprio perché si muoverebbe in un luogo iperuranico, uno spazio privo di ogni debolezza umana, in cui i flussi di denaro potessero muoversi senza nessun ostacolo liberando così tutte le loro potenzialità. Eppure è proprio così e sempre più spesso si sentono ripetere i luoghi comuni sulla benefica forza regolatrice dei mitici mercati a cui la società dovrebbe sottostare.

Ma come può un mondo che da secoli si affanna a produrre una società quanto piùDittatura denaro possibile libera dalle feroci leggi naturali, sottostare al potere di una entità che proprio della selezione naturale si fa un vanto? Lasciato libero il denaro si muove nei mercati secondo le regole della sopravvivenza del più forte, mettendo in non cale implosioni di stati e nazioni, declinare di intere civiltà. Si tratta ancora una volta di una lectio facilior della ragione che si compiace di sè mentre, come spiegano filosofi come Monod, la necessità (che in via razionale può essere individuata) interagisce obbligatoriamente con il caso e quindi anche i mitici ‘mercati’ non viaggiano su una sicura autostrada di cause ed effetti che si susseguono ininterrottamente, ma su percorsi incidentati e tortuosi cui presiede il caso, il caos, insomma ciò che la ragione non può prevedere.

E allora sarà il caso di non lasciarci prendere per mano da chi promette di portarci nel paradiso della razionalità mercatale che perseguendo egoisticamente i suoi scopi finisce per determinare il benessere di tutti.

Come per altro già consigliava un gigante degli studi economici come Keynes, cui era già chiaro come il pensiero mainstream del laissez-fare obbedisse a una fallace e semplificatoria teorizzazione perché non è affatto vero, diceva, “che l’interesse egoistico illuminato operi sempre nell’interesse pubblico” concludendo col dire che “l’evoluzione darwiniana, basata sulla sopravvivenza del più adatto attraverso la morte, la fame e la carestia, non è affatto un buon modello per le società umane”.