Caro Presidente….[B-side]

Cecconetto Ermanno 1di Ermanno Cecconetto

Caro Presidente Napolitano,

Dopo anni in cui ho disertato l’ascolto del messaggio del Presidente della Repubblica, senza esser fomentato da presunti rivoluzionari, quest’anno come contro protesta ho voluto ascoltarla e devo dire di non esserne stato deluso.

Sicuramente è stato interessante ascoltare che le tante missive che le giungono ogni giorno da parte dei cittadini per lo meno non restano inevase, ma qualche anima pia (lei o chi per lei) almeno si prende l’incomodo di leggere i nostri mugugni, che alla fine sono sempre gli stessi e restano sempre inascoltati.

Sarebbe bastato leggere più attentamente quelle lettere per capire che non servivano i 10 saggi da lei messi in campo a metà del 2013, così come sarebbe bastato dare ascolto ai tanti suggerimenti scritti all’allora Presidente Monti per sapere che nemmeno i 40 esperti chiamati dall’attuale Presidente Letta erano utili.

Eppure, in barba alle richieste di noi italiani nel tagliare gli sprechi, sia lei che Letta avete voluto spendere i nostri soldi per avere consigli e poi lasciar tutto com’era.

Oggi lei ci esorta ad avere coraggio per uscire dalla crisi, chiedendo nel contempoNapolitano Giorgio 1 alla politica di cambiare, ma sentiamo parlare di cambiamento da troppo tempo per crederci veramente.

Le riconosco il coraggio di aver rispedito al mittente il famigerato “salva-Roma”, ma è stata solo una goccia nell’oceano del mare magnum delle leggi a favore di questa o quella lobby che ogni giorno passano per il Parlamento.

Basta vedere la questione sul gioco d’azzardo, dove lo Stato ci sta facendo una figura veramente triste, mentre i partiti latitano colpevolmente, a cominciare da Renzi che in campagna elettorale chiedeva con vigore di far pagare alle concessionarie più tasse, mentre adesso tace e parla solo per chiedere più ministri.

Per non parlare della lentezza pachidermica con sui si sta affrontando la questione dei rimborsi elettorali o la riforma elettorale, snodi cruciali che ci permetterebbero un bel cambio di marcia, ma che alla fine non sono utili a chi siede nelle stanze dei bottoni.
Ma l’Italia è quel Paese in cui è normale che le Ferrovie dello Stato, ad esempio, ti rimborsino il biglietto del FrecciaRossa solo se questo ritarda almeno di 60 minuti, quando in Francia il TGV viene rimborsato già dopo 30 minuti di ritardo.

Caro Presidente, se veramente vogliamo uscire dalla crisi, pensiamo in grande, ma senza dimenticare le piccole cose, vuole un esempio?

Senza pagare nessun costoso saggio glielo faccio subito: rimettere in gioco i buoni pasto.

Solo un sostegno economico alla spesa di molti italiani, che a pranzo si portano la “schiscetta” e usano il buono per fare la spesa, ma purtroppo il continuo aumento della percentuale trattenuta dalla società emettitrice del ticket in fase di rimborso ha portato a una drastica riduzione nell’accettazione dei buoni tra i punti vendita.

Anni fa ci fu lo sciopero dei buoni pasti, dove grande distribuzione, ristoratori e commercianti chiedevano un tetto massimo del 5% e ci fu anche un’inchiesta parlamentare (finita nel nulla), ma di fatto oggi la percentuale trattenuta dalle società varia dal 7 al 13%.

Di fronte a questa crisi oggi i buoni pasto potrebbero essere veramente un valido aiuto alle famiglie, ma nonostante da più parti sia stata invocata una norma che metta ordine sulla questione, i partiti continuano a far finta di nulla.

Vede Presidente, a volte esser semplici cittadini aiuta a vedere i problemi nel quotidiano, problemi che sicuramente un grande saggio non ha, ma che mi creda ci aiutano a vivere meglio e con più coraggio.

Cordialmente.